30 Jun, 2025 - 11:21

Garlasco, la chiave della verità: l’impronta 33 che potrebbe riscrivere la storia del caso Poggi

Garlasco, la chiave della verità: l’impronta 33 che potrebbe riscrivere la storia del caso Poggi

Nel panorama giudiziario italiano, pochi casi hanno suscitato tanta attenzione e divisione quanto il delitto di Garlasco, l’omicidio di Chiara Poggi avvenuto il 13 agosto 2007. Dopo anni di processi, sentenze e colpi di scena, il caso sembra essere giunto a un nuovo snodo cruciale. Protagonista delle ultime settimane è la cosiddetta “impronta 33”, una traccia lasciata sulla scena del crimine che, secondo la difesa di Alberto Stasi, potrebbe cambiare radicalmente la lettura degli eventi e l’identità del colpevole.

Garlasco, la svolta dell’impronta 33

Giada Bocellari, avvocata di Alberto Stasi, ha rilanciato con forza una tesi che da tempo circola tra i sostenitori dell’innocenza del suo assistito: l’impronta 33, una traccia di scarpa rinvenuta sul luogo del delitto, non apparterrebbe a Stasi, ma a un altro soggetto, Andrea Sempio. Secondo la legale, questa impronta sarebbe stata lasciata proprio nel momento in cui Chiara veniva colpita mortalmente.

La ricostruzione della difesa si basa su una serie di elementi tecnici e indiziari. In particolare, viene sottolineato come la misura della scarpa (un 42,5-43) non corrisponda a quella di Stasi, ma sarebbe compatibile con quella di Sempio, amico di Chiara e già oggetto di approfondimenti investigativi in passato. L’avvocata sostiene che la posizione e la forma dell’impronta indicherebbero un movimento tipico di chi sta compiendo un’azione violenta, come un colpo inferto con forza, e non di chi si muove semplicemente all’interno dell’abitazione.

Le argomentazioni della difesa

Secondo la difesa, l’impronta 33 rappresenterebbe la “pistola fumante” che potrebbe scagionare Stasi e riaprire il caso. L’avvocata ha dichiarato che “l’impronta è stata lasciata mentre Chiara veniva colpita”, suggerendo che Sempio si trovasse sulla scena del crimine proprio nel momento dell’aggressione. Questa ricostruzione, se confermata, ribalterebbe completamente le conclusioni a cui sono giunti i tribunali nei vari gradi di giudizio.

La strategia difensiva punta anche sulle presunte incongruenze nelle indagini e sulla mancata valorizzazione di alcune prove che, secondo la difesa, avrebbero potuto indirizzare le indagini su altri sospetti. In particolare, viene contestata la scelta di non approfondire ulteriormente la posizione di Sempio, nonostante alcuni elementi ritenuti “anomali” dalla difesa, come la cancellazione di alcuni messaggi e la compatibilità della sua calzatura con l’impronta trovata.

Il ruolo di Andrea Sempio

Andrea Sempio è stato ascoltato dagli inquirenti nel corso delle indagini, ma non è mai stato formalmente indagato. Il suo nome è tornato alla ribalta nel 2016, quando una consulenza di parte ha sostenuto la compatibilità tra la sua impronta plantare e la famosa impronta 33. Tuttavia, la Procura ha sempre ritenuto insufficienti gli elementi a suo carico, ritenendo la pista non meritevole di ulteriori approfondimenti.

La posizione di Sempio resta dunque quella di persona informata sui fatti, ma la pressione mediatica e le nuove istanze difensive potrebbero spingere la magistratura a riconsiderare almeno in parte il suo ruolo all’interno della vicenda.

Siamo al passaggio decisivo nel caso Poggi?

La domanda che molti si pongono è se questa nuova interpretazione dell’impronta 33 possa davvero rappresentare la svolta definitiva nel caso Poggi. La difesa di Stasi è convinta che si sia arrivati a un punto di non ritorno: la richiesta è quella di una revisione del processo, alla luce di elementi che, secondo i legali, non sarebbero stati adeguatamente valutati in passato.

Tuttavia, la strada per una riapertura del caso è tutt’altro che semplice. La giustizia italiana prevede criteri molto stringenti per la revisione di un processo passato in giudicato, e sarà necessario dimostrare in modo inequivocabile la novità e la rilevanza delle prove presentate. Resta il fatto che il caso Garlasco continua a dividere l’opinione pubblica e a sollevare interrogativi sulla certezza della verità processuale.

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