Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, torna nuovamente al centro dell’attenzione mediatica e giudiziaria.
Dopo diciotto anni, le analisi su un tampone orale prelevato durante l’autopsia della giovane hanno evidenziato la presenza di una minima quantità di Dna maschile non riconducibile né ad Alberto Stasi, l’ex fidanzato condannato in via definitiva per il delitto, né ad Andrea Sempio, amico della vittima e indagato nelle recenti riaperture dell’inchiesta.
La nuova indagine è partita dall’incidente probatorio disposto dal tribunale di Pavia, durante il quale è stato analizzato un tampone orale mai esaminato prima con le moderne tecniche di biologia molecolare.
I risultati hanno mostrato la presenza di materiale genetico maschile, identificato come cromosoma Y, in quantità estremamente ridotta. Questo profilo genetico non corrisponde ai due principali nomi coinvolti nel caso, alimentando così nuove ipotesi e interrogativi.
Nonostante l’apparente “svolta”, gli esperti e i consulenti delle parti invitano alla massima cautela. Il legale della famiglia Poggi, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, ha dichiarato che “non ci sono Dna di soggetti sconosciuti sulla scena del crimine e ovviamente tanto meno sul corpo di Chiara”.
Secondo Tizzoni, si tratta di “un dato che per quanto possiamo sapere è totalmente destituito da qualsiasi fondamento e che ancora una volta denota come, in assenza di riscontri oggettivi alternativi alla verità processuale accertata e che ha individuato Stasi quale responsabile, prospetta ipotesi infondate”.
Gli stessi consulenti tecnici sottolineano che la quantità di materiale genetico rilevata è talmente esigua da rendere plausibile l’ipotesi di una contaminazione, probabilmente avvenuta durante le operazioni di prelievo o di laboratorio.
In particolare, il profilo genetico sarebbe “sovrapponibile” a quello di un assistente del medico legale che eseguì l’autopsia, rafforzando così la tesi dell’inquinamento accidentale del reperto.
La genetista Denise Albani, incaricata dal tribunale, ha spiegato che il tampone oro-faringeo era stato acquisito nel 2007 e mai analizzato con le tecniche attuali.
Le nuove estrazioni hanno evidenziato due tracce di Dna maschile: una attribuibile a una contaminazione da parte dell’infermiere, l’altra con un profilo quasi completo ma non attribuibile ai soggetti già noti.
I confronti hanno escluso sia Stasi sia Sempio, così come la compatibilità con altre tracce maschili isolate in passato sotto le unghie della vittima o su altri reperti della scena del crimine.
Le autorità hanno comunque deciso di ripetere gli esami per verificare la natura e l’origine della traccia, ma la comunità scientifica resta scettica sulla possibilità che questa scoperta possa davvero cambiare il quadro processuale consolidato negli anni.
La famiglia Poggi, attraverso il proprio legale, ribadisce la fiducia nella verità processuale già accertata e invita a non alimentare false speranze o teorie alternative prive di riscontri oggettivi.
“Siamo tranquilli, non siamo preoccupati. Ci limitiamo al dato certo: quello del campione con una contaminazione”, ha dichiarato Tizzoni, sottolineando come il dato emerso sia privo di fondamento e non in grado di mettere in discussione la condanna di Stasi.