15 Jul, 2025 - 19:25

Putin cederà alle minacce di Trump? La risposta del Cremlino all’ultimatum Usa è una doccia fredda

Putin cederà alle minacce di Trump? La risposta del Cremlino all’ultimatum Usa è una doccia fredda

A quasi tre anni e mezzo dall’inizio della guerra in Ucraina, gli equilibri globali sembrano entrare in una nuova fase. Dopo mesi di ambiguità strategica, Donald Trump cambia passo con un ultimatum e nuove forniture di armi. Dall’altra parte, Vladimir Putin si mostra inflessibile, mentre filtrano indiscrezioni sulle reali intenzioni russe: nessuna tregua, almeno per ora.

Trump avverte Putin: 50 giorni per la pace o dazi al 100%

Donald Trump ha annunciato, il 14 luglio, che, in base a un accordo con la NATO, proseguirà la fornitura di armi all'Ucraina, compresi i sistemi Patriot. Oltre all’impegno per l’invio di armamenti, il presidente americano ha anche dato al suo omologo russo, Vladimir Putin, un ultimatum di 50 giorni per raggiungere un accordo con Kiev, come parte del tentativo di porre fine alla guerra in Ucraina. In caso contrario, ha dichiarato Trump, la Russia sarà soggetta a dazi secondari del 100 per cento.

Si tratta di una posizione sorprendentemente dura, considerando che Trump, già durante la campagna elettorale del 2024, aveva promesso un disimpegno progressivo dagli aiuti all’Ucraina.

L’amministrazione Trump mira a trovare un accordo che possa portare alla pace tra Russia e Ucraina. Tuttavia, gli sforzi diplomatici dei funzionari americani finora non hanno prodotto risultati concreti.

Il presidente americano, che inizialmente sosteneva di poter porre fine al conflitto in “24 ore”, si dichiara ora deluso dai mancati progressi.

La reazione del Cremlino e le vere intenzioni di Mosca

Finora non è arrivata una dichiarazione diretta da parte del presidente russo. Tuttavia, mentre Trump alza i toni, il Cremlino ha reagito in modo piuttosto freddo.

Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha affermato che le decisioni del presidente americano e della NATO sarebbero interpretate da Kiev come un segnale non di pace ma di incentivo a proseguire i combattimenti.

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Le dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti sono molto gravi. Alcune sono rivolte personalmente al presidente Putin. Abbiamo sicuramente bisogno di tempo per analizzare ciò che è stato detto a Washington.

In maniera più sprezzante, l'ex presidente e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, ha definito le parole di Trump un semplice “ultimatum teatrale” dichiarando che a Mosca “non importa”.

Una conferma della linea dura del Cremlino arriva da un’esclusiva di Reuters del 15 luglio, che cita tre fonti vicine alla leadership russa. Secondo quanto riferito, Putin intende continuare a combattere contro l’Ucraina finché i paesi occidentali non accetteranno le sue condizioni per una pace.

Questa posizione non solo sfida direttamente Washington ma ha implicazioni significative per il futuro degli sforzi diplomatici.

Le condizioni russe per la pace

Durante i colloqui diretti del 2 giugno a Istanbul, i funzionari russi hanno consegnato un memorandum ai rappresentanti ucraini. Tra le condizioni poste da Mosca vi sono: il riconoscimento formale, da parte della comunità internazionale, dell’annessione alla Russia delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson, Zaporizhia e della Crimea, oltre al ritiro delle truppe ucraine da tali territori.

Sebbene non tutte queste aree siano sotto il pieno controllo russo, l'offensiva di Mosca prosegue su più fronti, dal nord al sud dell’Ucraina. In uno scenario peggiorativo, il Cremlino potrebbe perfino estendere le sue richieste territoriali in caso di nuovi avanzamenti sul terreno.

Oltre alle rivendicazioni territoriali, Mosca chiede anche che l'Ucraina adotti uno status di neutralità impegnandosi formalmente a non aderire ad alcuna alleanza militare.

Le fonti citate da Reuters aggiungono che il presidente russo “non ha intenzione di fermare la guerra sotto la pressione occidentale, ritenendo che la Russia, già sopravvissuta alle più dure sanzioni, possa reggere ulteriori difficoltà economiche, inclusa la minaccia di dazi statunitensi contro gli acquirenti di petrolio russo”.

Attualmente, la Russia controlla circa il 20 per cento del territorio ucraino: l’intera Crimea, l’intera regione di Luhansk, oltre il 70 per cento delle regioni di Donetsk, Zaporizhia e Kherson, e porzioni delle regioni di Kharkiv, Sumy e Dnipropetrovsk.

Nel frattempo, Kiev ha intensificato gli attacchi mirati in territorio russo. Un dettaglio rivelato dal Financial Times getta nuova luce sul ruolo di Trump. Secondo il quotidiano britannico, durante una telefonata del 4 luglio con Zelensky, il presidente americano avrebbe chiesto se Kiev fosse in grado di colpire Mosca e San Pietroburgo. La risposta del leader ucraino sarebbe stata chiara:

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Assolutamente. Possiamo farlo se ci date le armi.

Trump ha scommesso tutto su un approccio muscolare che alterna pressioni economiche e concessioni militari. Ma la risposta del Cremlino, tutt’altro che conciliatoria, lascia intendere che l’ultimatum americano potrebbe cadere nel vuoto. Mosca non sembra disposta a negoziare sotto minaccia e intende consolidare i propri guadagni territoriali, anche a costo di ulteriori sanzioni.

La guerra, dunque, non accenna a rallentare.

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