22 Jul, 2025 - 18:12

Virus West Nile, è allarme nel Lazio? Bassetti: "Ecco quanto è pericoloso e come comportarsi"

Virus West Nile, è allarme nel Lazio? Bassetti: "Ecco quanto è pericoloso e come comportarsi"

Un decesso e sei casi confermati di infezione nella sola provincia di Latina. Dopo aver colpito il nord Italia, il West Nile torna a far parlare di sé anche nel Lazio. A favorirne la diffusione le temperature elevate, che agevolano - soprattutto nelle zone con ristagni d'acqua - la proliferazione delle zanzare, principali vettori del virus. Per capire se e quanto preoccuparsi, chi è più esposto al rischio di contagio (e complicazioni) e quali misure concrete adottare, Tag24 ha intervistato il professore Matteo Bassetti, noto infettivologo.

West Nile, cos'è? Parola all'esperto Matteo Bassetti

Professore, cos'è il virus West Nile e come si trasmette? Quali sono i sintomi?

"Il virus West Nile è trasmesso dalla puntura della zanzara Culex, quella classica marroncina-grigiastra, diversa dalla zanzara tigre che trasmette altre malattie come la febbre dengue o il virus Zika. Nella maggior parte dei casi, l’infezione è lieve o addirittura asintomatica, simile a una normale influenza. Solo meno del 5% delle persone sviluppa forme più gravi, che possono colpire il cervello causando meningite o encefalite". 

Chi è più a rischio di andare incontro a complicazioni di questo tipo?

"Queste forme gravi sono più frequenti e pericolose negli anziani, soprattutto over 70, e nelle persone con un sistema immunitario compromesso, come chi ha tumori, malattie ematologiche o è sottoposto a trapianto. In questi casi si possono verificare complicanze molto serie, come paralisi, danni cerebrali permanenti o anche la morte". 

Come si fa a riconoscere il virus?

"Nelle forme lievi non serve riconoscerlo perché i sintomi sono vaghi o assenti e non c’è una terapia specifica. È invece fondamentale che i medici, soprattutto quelli del pronto soccorso e di base, sappiano riconoscere i sintomi di una forma grave, che includono confusione mentale, mal di testa intenso, paralisi a carico di nervi facciali e febbre alta. In questi casi bisogna sospettare un’infezione da West Nile e fare gli esami del sangue o del liquido cerebrospinale per confermare la diagnosi". 

Esistono vaccini contro l'infezione?

"Purtroppo no. La terapia è di supporto: si usano corticosteroidi o immunoglobuline in casi selezionati, ma non ci sono farmaci antivirali approvati per questo virus. Perciò la prevenzione è fondamentale per evitare di contrarre l’infezione".

L'importanza delle misure di prevenzione, a tutti i livelli 

Come si può prevenire l’infezione?

"La prevenzione si basa innanzitutto sul controllo delle zanzare, che deve essere pianificato e attuato dagli enti locali con disinfestazioni regolari, preferibilmente prima dell’arrivo dell’estate. È importante non aspettare la comparsa dei primi casi per intervenire.

Sul lato individuale, il miglior metodo è proteggersi dalle punture usando zanzariere, repellenti cutanei, ed evitando di stare all’aperto nelle ore serali o al tramonto, quando le zanzare Culex sono più attive, con la pelle scoperta. Bisogna poi eliminare i ristagni d’acqua dove le zanzare possono deporre le uova, ad esempio svuotando i sottovasi". 

In base al numero di contagi registrati, si può parlare attualmente di allarme? 

"Parlerei piuttosto di un problema endemico. Ormai da circa 15 anni ogni estate in Italia si registrano centinaia di casi di West Nile, e purtroppo nel 2024 si sono contati anche una ventina di morti, soprattutto tra persone fragili e anziane, sui 500 casi registrati. È un virus con cui dobbiamo imparare a convivere".

La denuncia dell'infettivologo: "Bisogna agire prima"

Ma allora perché sembra che ci si accorga del problema solo ora? 

"È un problema culturale e organizzativo del nostro Paese. Si tende a intervenire solo dopo che è successo qualcosa di grave, anziché fare prevenzione sistematica. Le circolari ministeriali, le campagne di sensibilizzazione e le disinfestazioni vengono spesso messe in atto troppo tardi, quando ormai il virus è diffuso. Inoltre, c’è una certa difficoltà a parlare apertamente di vaccini e prevenzione per paura di urtare sensibilità politiche o gruppi contrari. Questo porta a un approccio poco efficace e reattivo". 

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