Se amate i thriller psicologici che vi lasciano con mille domande in testa, inquietanti e leggermente disturbanti, La Cura del Benessere su Netflix è il film che fa per voi.
Diretto dal geniale Gore Verbinski, questo incubo elegante ci trascina in un mondo fatto di apparenze, misteri e inquietudini sottili.
Ambientato in una clinica apparentemente perfetta tra le Alpi svizzere, il film svela piano piano un orrore più profondo, fino a un finale che ha fatto discutere spettatori e critici. Ma cosa significa davvero? E qual è il messaggio nascosto dietro l'estetica impeccabile e le atmosfere claustrofobiche?
Prima di continuare nella lettura, guarda il trailer:
La cura dal benessere non è un film che si accontenta di un solo genere. È un viaggio allucinato che inizia come un thriller aziendale, si trasforma in un incubo gotico e precipita in un horror fantascientifico.
Diretto dal meraviglioso Gore Verbinski, la mente dietro The Ring, il film ci trascina insieme al suo protagonista, l'ambizioso broker di Wall Street Lockhart (Dane DeHaan), in un isolato e idilliaco centro benessere sulle Alpi svizzere.
La sua missione è semplice: recuperare il suo capo. Ma un incidente lo costringe a diventare un paziente, intrappolandolo in un labirinto di specchi dove la cura sembra essere molto peggio della malattia.
In questa casa di cura inquietante e claustrofobica, nulla è come sembra. Lockart non solo non trova più il suo capo, ma fa la conoscenza di una ragazza che non ha ricordi del suo passato.
Il finale del film è un'immersione totale nella follia, dove ogni mistero viene svelato in un crescendo di orrore.
Lockhart scopre l'agghiacciante verità dietro l'istituto e il suo enigmatico direttore, il Dr. Heinreich Volmer. Quello che sembra un medico illuminato è in realtà un barone immortale, uno scienziato pazzo sopravvissuto per oltre 200 anni.
La sua storia affonda le radici in un passato di esperimenti innaturali, compiuti sui suoi mezzadri nel tentativo di curare la propria sorella, di cui era incestuosamente innamorato, dalla sua "malattia": l'infertilità.
Le sue pratiche portarono alla sua presunta esecuzione da parte del popolo, ma Volmer sopravvisse grazie a un elisir di lunga vita estratto in modo raccapricciante dai corpi dei suoi stessi pazienti.
Ma qual è il vero scopo di tutto questo? Il piano folle di Volmer va oltre la semplice immortalità. La giovane e innocente Hannah (Mia Goth), che vaga per l'istituto, non è una semplice paziente, ma sua figlia, nata 200 anni prima e mantenuta in un'eterna giovinezza grazie a dosi controllate dell'elisir.
La perversa ambizione del barone è quella di farla maturare per poterla mettere incinta e dare vita a una "razza superiore" pura, in modo da continuare la sua linea di sangue. L'arrivo di Lockhart e il suo interesse per Hannah accelerano involontariamente la pubertà della ragazza e spingono il folle Volmer a dare il via al suo piano finale.
Nel finale scopriamo che il Direttore della clinica, Heinrich Volmer, è in realtà Barone von Reichmerl.
Sarà Lockhart a scoprire che i pazienti non guariscono affatto: vengono lentamente avvelenati per "coltivare" il siero.
Ma la rivelazione più sconvolgente riguarda Hannah, l’enigmatica ragazza che vive nella clinica: è la figlia del barone, nata dall’incesto con sua sorella. L'obiettivo di Volmer è ripetere l’incesto con Hannah per “completare la purezza della linea di sangue”. Un orrore senza tempo.
Nel confronto finale, Lockhart riesce a distruggere la clinica e a uccidere Volmer, che brucia vivo dopo che Hannah lo attacca e lo spinge nel fuoco.
Lockhart e Hannah fuggono in bicicletta, lasciandosi alle spalle l’incubo, ma con un finale volutamente ambiguo: Lockhart sorride in modo disturbante. È davvero libero o la sua sanità di mente ne ha risentito?
Al centro di questo ciclo di vita e morte ci sono le anguille. Non si tratta di creature comuni, ma di una specie unica che popola le falde acquifere sotto l'istituto.
La loro acqua, che i pazienti bevono in quantità, non è salutare per gli umani, ma garantisce alle anguille una vita secolare.
Volmer ha scoperto come sfruttarle, creando un ciclo vitale artificiale e terrificante: i ricchi e disperati pazienti del centro benessere vengono indotti a bere l'acqua e, attraverso un processo orribile che prevede l'inserimento forzato di anguille nei loro corpi, vengono trasformati in "fabbriche di vitamine" viventi. I loro corpi filtrano l'acqua, creando il concentrato che garantisce a Volmer e ai suoi seguaci la vita eterna.
Al di là dell'orrore viscerale, il finale de La cura dal benessere è una potente metafora della società moderna. Il film ci fa capire che la vera malattia non è fisica, ma spirituale e morale. I facoltosi pazienti, simboli di un capitalismo malato, preferiscono credere a diagnosi inventate e sottoporsi a trattamenti bizzarri pur di non affrontare il vuoto delle loro vite e la tossicità del mondo che loro stessi hanno creato.
Lockhart stesso si rende conto di essere stato manipolato quando, nel climax, si strappa il gesso scoprendo che la sua gamba non si era mai rotta.
Il finale, con la sua esplosione di violenza e il suo retrogusto amaro, ha diviso critica e pubblico. Molti hanno lodato la straordinaria potenza visiva del film, ma hanno trovato la conclusione eccessiva e confusionaria. Eppure, proprio in questo suo essere un'opera imperfetta, magnifica e quasi totalmente folle risiede il suo fascino.