Un vecchio confine coloniale, mai veramente risolto, torna ad alimentare le tensioni tra Cambogia e Thailandia. Mentre la situazione si aggrava, la possibilità di un conflitto aperto nel cuore del Sud-est asiatico diventa sempre più concreta.
Una nuova ondata di violenza colpisce il Sud-est asiatico. Stavolta, al centro delle tensioni c’è il confine controverso tra Thailandia e Cambogia.
Le tensioni risalgono al mese di maggio, quando un soldato cambogiano è stato ucciso nell’area del Triangolo di Smeraldo, tra Thailandia, Cambogia e Laos, durante un breve scontro tra le truppe delle due nazioni sempre al confine. Entrambe le parti hanno sostenuto di aver reagito per legittima difesa e si sono rivolte accuse reciproche. In seguito, le autorità dei due paesi hanno preso diversi provvedimenti.
Bangkok ha imposto restrizioni agli attraversamenti alla frontiera e ha minacciato di interrompere l’elettricità e la connessione internet nelle cittadine di confine. In risposta, la Cambogia ha bloccato alcune importazioni dalla Thailandia.
L’escalation è proseguita nel mese di luglio, dopo che un secondo militare thailandese, in una sola settimana, ha perso una gamba nell’esplosione di una mina. Entrambi i paesi hanno richiamato il personale diplomatico.
La disputa si è ulteriormente infiammata il 24 luglio, dopo che la Thailandia ha schierato aerei da combattimento contro obiettivi militari cambogiani. A causa della violenza, le relazioni diplomatiche tra i due paesi si sono deteriorate rapidamente. La minaccia di un conflitto resta sul tavolo.
Le due dinastie alla guida dei due paesi hanno avuto in passato relazioni storicamente amichevoli.
L’1 luglio, la premier thailandese, Paetongtarn Shinawatra, è stata sospesa dall’incarico in seguito alla fuga di alcune conversazioni tra lei e l’ex leader cambogiano, Hun Sen. Le sue parole sono state interpretate come un segnale di disaccordo tra il governo civile e l’esercito thailandese.
Mentre la premier sospesa sostiene una soluzione pacifica, si teme che la situazione possa degenerare ulteriormente, dopo che le forze armate thailandesi si sono dichiarate pronte a lanciare un’”operazione di alto livello”.
Con l’intensificarsi del conflitto, il 24 luglio, la Thailandia ha deciso di chiudere il confine con la Cambogia. Parallelamente, il primo ministro cambogiano, Hun Manet, ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di convocare una “riunione urgente” per “fermare l’aggressione della Thailandia”.
Gli scontri militari hanno già causato vittime civili in territorio thailandese. Il ministro della Salute del paese ha dichiarato che 12 persone hanno perso la vita.
I due paesi asiatici condividono un confine terrestre lungo 817 chilometri, tracciato durante l’epoca coloniale francese, quando la Cambogia era sotto controllo di Parigi (dal 1863 al 1953).
Una mappa del 1907 era stata disegnata in base ad un’intesa che prevedeva una demarcazione naturale del confine. Tuttavia, la Thailandia l’aveva contestata sostenendo che il tempio risalente all’XI secolo di Preah Vihear rientrasse nel proprio territorio.
La questione è stata portata alla Corte internazionale di Giustizia nel 1959. Sebbene la sentenza del 1962 abbia confermato la linea già accordata, negli anni successivi sono stati oggetto di contestazione i confini circostanti al tempio.
Le tensioni tra le due nazioni sono esplose di nuovo nel 2008, quando la Cambogia ha chiesto l’inserimento del tempio tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Dopo il riconoscimento ufficiale, sono scoppiate le tensioni militari. Mentre gli scontri erano ancora in corso, Phnom Penh ha chiesto un rinnovato parere alla Corte dell’Aja, che ha confermato la collocazione del tempio di Preah Vihear in territorio cambogiano.
Ciò che per decenni è rimasto un contenzioso latente sta ora degenerando in una crisi diplomatica e militare di vasta portata.