Il rischio di fallimenti aziendali deve essere sempre considerato come una possibilità all’orizzonte. In alcuni casi, è remota, in altri inesistente, ma in molti può essere un rischio concreto che i lavoratori si trovano a dover fronteggiare ogni giorno.
In queste circostanze ci si chiede quale sia il destino del TFR che, anno di dopo anno, faticosamente, è stato accantonato.
Chi lo paga in caso di fallimento aziendale? Il rischio è in capo ai dipendenti che decidono di lasciarlo in azienda, convinti e speranzosi di riceverlo direttamente e in un’unica soluzione alla cessazione del rapporto di lavoro.
In questo articolo, vediamo cosa succede ai lavoratori nel caso di fallimento aziendale, cosa può fare il lavoratore ed entro quando recuperare il TFR.
Quando si sente “odore” di crisi aziendale è bene mettersi al riparo e una delle prime domande che ci si pone riguarda il TFR. Le conseguenze, infatti, non ricadono solo sul datore di lavoro, ma anche sugli stessi dipendenti.
Meglio non preoccuparsi (troppo) perché, con i giusti accorgimenti, non si rischia di perderlo. Anche se il datore di lavoro, a causa della crisi in corso, non dispone di liquidità, il diritto del lavoratore al trattamento di fine rapporto non viene meno.
In soccorso arriva il Fondo di Garanzia Inps, che interviene prontamente a salvare la situazione.
La risposta è rassicurante, ma è anche opportuno seguire una corretta procedura obbligatoria.
La paura di perdere il lavoro (e non solo) è normale nei casi di crisi e fallimenti aziendali.
Cosa può fare il lavoratore? La prima cosa da fare è mantenersi informati sulla situazione aziendale e, solo dopo la dichiarazione ufficiale di fallimento, il tribunale nomina il curatore fallimentare, incaricato anche dei crediti dei lavoratori dipendenti.
Pertanto, i lavoratori che hanno destinato il TFR in azienda e vogliono recuperalo (oltre a eventuali stipendi non corrisposti) devono presentare la domanda di ammissione al passivo fallimentare.
In sostanza, devono comunicare al creditore l’esistenza del proprio credito, allegandogli tutta la documentazione attestante lo stesso:
Dopo il fallimento dell’azienda, il lavoratore deve partecipare a un’udienza in tribunale, dove il giudice approva l’elenco dei crediti. Solo dopo il riconoscimento ufficiale del credito è possibile chiedere il pagamento al Fondo di Garanzia Inps, che copre il TFR e, se dovute, le ultime mensilità.
La procedura può essere complessa, ma non bisogna rinunciare ai propri diritti. È consigliabile farsi aiutare da un sindacato, un patronato o un avvocato per evitare errori e ottenere quanto spettante.
Passiamo a vedere entro quando si può recuperare il TFR. La legge stabilisce tempi precisi entro cui il lavoratore deve agire per non rischiare di perdere il diritto a ricevere quanto gli spetta.
Dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha 5 anni di tempo per far valere il proprio diritto al trattamento di fine rapporto e presentare la domanda al Fondo di Garanzia Inps.
Attenzione al trascorrere degli anni perché se non si agisce entro questo termine, si rischia di perdere definitivamente la possibilità di recuperare queste somme!
Per quanto riguarda gli stipendi, invece, il Fondo di Garanzia copre solo le ultime 3 mensilità non pagate prima della fine del rapporto di lavoro. In questo caso, la domanda deve essere presentata entro un anno da quando è diventata esigibile la terzultima mensilità (cioè dal momento in cui avrebbe dovuto essere pagata).
In caso di fallimento dell’azienda, è importante agire in fretta: raccogliere la documentazione necessaria, chiedere l’ammissione al passivo fallimentare e poi presentare la richiesta al Fondo di Garanzia.
Anche se l’azienda non è formalmente fallita, ma non paga i debiti, il lavoratore deve comunque dimostrare di aver tentato di recuperare il credito prima di rivolgersi all’Inps.