A distanza di pochi giorni dall’annuncio di Parigi, anche il Regno Unito apre alla possibilità di riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina. La dichiarazione del premier Keir Starmer arriva in un momento delicatissimo del conflitto in Medio Oriente e potrebbe segnare un nuovo capitolo nei rapporti diplomatici tra Europa e Israele. Ma Londra pone condizioni chiare: tutto dipenderà dalle prossime mosse di Israele.
Il premier britannico, Keir Starmer, ha affermato, il 29 luglio, che il Regno Unito riconoscerà lo Stato di Palestina a settembre.
Starmer ha parlato dopo una riunione di gabinetto d'emergenza e ha riferito che la decisione potrebbe essere sottoposta all'Assemblea Generale dell'ONU. Tuttavia, questo dipenderebbe dalle misure che Israele adotterà nelle settimane a venire. In effetti, il premier britannico ha sottolineato che la comunicazione all'Assemblea Generale potrebbe avvenire solo se Tel Aviv non accetterà un cessate il fuoco o non adotterà altre "misure sostanziali".
Le sue parole arrivano pochi giorni dopo che il presidente francese, Emmanuel Macron, ha fatto un annuncio simile, affermando che il suo Paese comunicherà ufficialmente la decisione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sempre nel mese di settembre.
In seguito all'annuncio di Macron, Starmer aveva annunciato una "telefonata d'emergenza" con i leader di Francia e Germania. Aveva già dato segnali di un’ulteriore mossa, definendo la sovranità palestinese un "diritto inalienabile".
Da ricordare che si tratterebbe, eventualmente, di una decisione di valore simbolico ma dall’impatto potenzialmente significativo. Attualmente, lo Stato di Palestina è stato riconosciuto da una manciata di Paesi europei, tra cui Spagna, Irlanda e Norvegia.
Il riconoscimento dello Stato palestinese consentirebbe ai palestinesi di difendere i propri diritti con più forza aumentando la pressione internazionale e rilanciando il richiamo al diritto internazionale.
Israele ha duramente criticato la decisione di Londra sostenendo che si tratta di una "ricompensa per Hamas". Secondo Tel Aviv, questa scelta rischia di compromettere gli sforzi diplomatici volti a porre fine alla guerra a Gaza.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha risposto affermando:
Prime Minister Benjamin Netanyahu:
— Prime Minister of Israel (@IsraeliPM) July 29, 2025
"Starmer rewards Hamas’s monstrous terrorism & punishes its victims.
A jihadist state on Israel’s border TODAY will threaten Britain TOMORROW.
Appeasement towards jihadist terrorists always fails. It will fail you too. It will not happen."
Similmente, l'Hostages and Missing Families Forum, che riunisce i familiari degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, ha dichiarato che il riconoscimento dello Stato di Palestina, prima della liberazione di tutti gli ostaggi, sarebbe un grave errore.
In response to growing European initiatives to recognize a Palestinian state:
— Bring Them Home Now (@bringhomenow) July 30, 2025
Recently, we've seen an increase in initiatives calling for unilateral recognition of a Palestinian state – all while 50 hostages have been held captive by Hamas for 663 days.
Recognizing a…
Il cessate il fuoco avviato nel mese di gennaio si è rotto al termine della prima fase, in mancanza di un accordo tra Israele e Hamas per stabilire la fase successiva. Da allora, Tel Aviv ha avviato operazioni militari nella Striscia di Gaza ed esteso il proprio controllo sul territorio palestinese.
Parallelamente, si sta aggravando l’emergenza umanitaria nell’enclave. La fame colpisce duramente i palestinesi di Gaza.
Il Regno Unito ha recentemente effettuato il primo lancio aereo di aiuti verso la Striscia. Tuttavia, di fronte all’orrore della situazione umanitaria, si tratta di aiuti del tutto insufficienti.
Il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del Regno Unito potrebbe rappresentare una svolta simbolica ma di grande portata geopolitica. Nel frattempo, l’emergenza umanitaria a Gaza si aggrava, rendendo sempre più urgente un cambiamento di rotta. Aumentano le pressioni internazionali affinché si trovi una soluzione politica al conflitto, ma senza passi concreti da parte di Israele e Hamas, anche le decisioni più significative rischiano di restare gesti isolati privi di effetti immediati sul terreno.