Il piano di Benjamin Netanyahu per occupare completamente la Striscia di Gaza riapre un delicato dibattito sulla fine del conflitto e sulla gestione futura dell’enclave palestinese. Dichiarando di non voler mantenere il controllo, il premier israeliano ha scatenato nuove polemiche sia sul piano interno che internazionale. Le sue parole, rilasciate in un’intervista prima della riunione del gabinetto di sicurezza, sollevano interrogativi sulle reali intenzioni di Tel Aviv e sulle conseguenze umanitarie di un’occupazione totale in un contesto già devastato da mesi di guerra.
Il piano di totale occupazione della Striscia di Gaza del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, fa discutere la comunità internazionale. Reso pubblico il 4 agosto, il piano controverso di Netanyahu viene discusso il 7 agosto con un ritardo di due giorni. Il premier israeliano ha parlato di una possibile operazione militare estesa in un’intervista a Fox News prima della riunione del gabinetto di sicurezza israeliano.
Non solo il piano, ma anche le parole di Netanyahu nell’intervista faranno discutere a lungo.
In un’intervista del 7 agosto, il primo ministro israeliano ha affermato che l'intenzione è quella di prendere il controllo di Gaza per garantire la sicurezza del Paese. Netanyahu, dall'inizio della guerra nell'ottobre 2023, ha più volte affermato di voler distruggere Hamas.
Infatti, tra gli obiettivi del suo piano c'è anche "rimuovere Hamas" e “affidare Gaza a un governo civile che non sia Hamas e non sia qualcuno che propugna la distruzione di Israele”.
Netanyahu sostiene di voler liberare Israele e la popolazione di Gaza dal terrore di Hamas.
Ha parlato anche della gestione futura dell’enclave. Ha infatti affermato che non intende mantenere il controllo diretto su Gaza.
“Vogliamo avere un perimetro di sicurezza. Non vogliamo governarlo. Non vogliamo essere lì come organo di governo”, ha detto il premier israeliano.
Ha aggiunto che l’obiettivo sarebbe quello di affidare il controllo dell’enclave alle forze arabe. Tuttavia, non sono stati forniti dettagli su quali forze o su come verrebbe strutturato il passaggio. Il totale controllo di Gaza significherebbe anche l'espansione delle operazioni militari nelle aree densamente popolate da civili.
Le dichiarazioni di Netanyahu non chiariscono chi dovrebbe governare l’enclave una volta rimosso Hamas, né offrono garanzie sulla protezione dei civili già duramente colpiti da mesi di guerra. In un contesto segnato da sfollamenti di massa, fame e instabilità, ogni nuova mossa rischia di allontanare ulteriormente la possibilità di una soluzione duratura.
Mentre si attendono ulteriori informazioni, l’approvazione finale del piano spetterà alla votazione dell’intero gabinetto di governo.
Attualmente, circa il 75 per cento dell'enclave palestinese è sotto il controllo delle forze israeliane. Il piano di Netanyahu prevederebbe dunque l’estensione dell’occupazione al restante 25 per cento del territorio.
Nella serata del 7 agosto, l'esercito israeliano ha emesso nuovi ordini di evacuazione per i palestinesi in alcune zone dei quartieri di Gaza City, segno di un’escalation operativa imminente.
Netanyahu spinge per un piano controverso in un momento in cui cresce l’indignazione mondiale per la crisi umanitaria a Gaza. Parallelamente, aumentano anche le pressioni su Tel Aviv.
La carestia nell’enclave continua a causare vittime. Secondo il Ministero della Salute dell'enclave, il numero totale di decessi correlati alla fame è salito, il 7 agosto, a 197, tra cui 96 bambini.
La promessa di "non governare" Gaza dopo averla occupata solleva interrogativi concreti. Chi ne assumerà la responsabilità? E soprattutto, quale sarà il destino dei due milioni di civili palestinesi intrappolati in una crisi che si aggrava ogni giorno?