08 Aug, 2025 - 16:09

Cosa prevede il piano di Netanyahu per occupare Gaza City: i 5 principi di Israele e i dettagli finora noti

Cosa prevede il piano di Netanyahu per occupare Gaza City: i 5 principi di Israele e i dettagli finora noti

Il piano di Benjamin Netanyahu, approvato dal gabinetto di sicurezza israeliano, segna una nuova fase della guerra iniziata quasi due anni fa. Con un’operazione di terra mirata a circa 25 per cento dell’enclave, l’obiettivo dichiarato è “sconfiggere Hamas”. Le decisioni includono cinque principi chiave, ma suscitano forti opposizioni, preoccupazioni per gli ostaggi e timori di nuove ondate di sfollamenti in un contesto umanitario già al collasso.

Il via libera del gabinetto di sicurezza

Il gabinetto di sicurezza di Israele ha approvato un piano che prevede di prendere il controllo di Gaza City. La riunione si è tenuta il 7 agosto, tre giorni dopo la rivelazione del progetto del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, di assumere il pieno controllo della Striscia di Gaza, ed è proseguita anche durante la notte.

Quando il piano è stato reso pubblico per la prima volta, ha suscitato timori a livello nazionale e internazionale. Le famiglie degli ostaggi si sono dichiarate contrarie, citando i rischi per i propri cari nelle mani di Hamas. Parallelamente, anche i vertici militari israeliani hanno espresso perplessità verso un’operazione prolungata. L’idea di un’occupazione totale ha inoltre sollevato preoccupazioni sul futuro dei palestinesi già duramente colpiti dal conflitto.

Sebbene inizialmente i dettagli non fossero chiari, Netanyahu ha spiegato, in un’intervista a Fox News prima della riunione, che l’obiettivo era ottenere il pieno controllo dell’enclave palestinese per poi consegnarla successivamente a forze arabe.

Gaza City come obiettivo principale e i cinque principi

Secondo quanto approvato dal gabinetto di sicurezza, il piano prevede un'operazione di terra nella zona che costituisce circa il 25 per cento di Gaza. Rispetto al progetto di totale occupazione, si tratterebbe quindi di una lieve deviazione, poiché le forze israeliane controllano già il 75 per cento dell’enclave. Il piano approvato si concentrerà su Gaza City escludendo i campi circostanti.  Si tratterebbe di una nuova escalation nell’enclave palestinese.

L'obiettivo principale di Netanyahu resta quello di sconfiggere Hamas, traguardo che il premier ha più volte ribadito dall'inizio della guerra, nell'ottobre 2023.

L’ufficio di Netanyahu ha annunciato infatti che l’obiettivo del piano approvato dal gabinetto di sicurezza è “sconfiggere Hamas”. Il gabinetto di sicurezza ha approvato a maggioranza “i cinque principi per porre fine alla guerra”:

  • il disarmo di Hamas
  • il ritorno di tutti gli ostaggi, vivi e morti
  • la smilitarizzazione di Gaza
  • il controllo di sicurezza israeliano sull’enclave
  • la creazione di un’amministrazione civile che non sia né Hamas né l’Autorità Nazionale Palestinese

Allo stesso tempo, l'ufficio del primo ministro israeliano ha fatto sapere che verrà garantita la “fornitura di aiuti umanitari alla popolazione civile al di fuori delle zone di combattimento”.

La CNN, citando una fonte israeliana, riferisce che la scadenza per la prima fase dell'operazione, che comprende l'evacuazione di Gaza City e l'espansione della distribuzione degli aiuti, è fissata per il 7 ottobre, data che segna il secondo anniversario dell'inizio della guerra. La stessa fonte ha aggiunto che l’attuazione complessiva del piano potrebbe richiedere fino a cinque mesi.

Critiche interne, sfollamenti e crisi umanitaria

Secondo quanto emerge, l’opposizione si schiera contro un’occupazione estesa, ritenendo che un’operazione a lungo termine metterebbe a dura prova l’esercito israeliano e metterebbe in pericolo la vita degli ostaggi ancora detenuti. Dall’altra parte, lo spostamento via terra dei militari in quest’area significherebbe costringere migliaia di persone ad un nuovo sfollamento.

La guerra tra Israele e Hamas è iniziata 22 mesi fa. Mentre i combattimenti proseguono, oltre 61mila palestinesi hanno perso la vita. Gran parte dell'enclave è stata distrutta e almeno il 90 per cento dei palestinesi è stato sfollato almeno una volta dall'inizio del conflitto. A ciò si aggiunge la carestia: le vittime causate dalla fame continuano ad aumentare, aggravando una situazione già drammatica.

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