La Germania ha deciso di bloccare temporaneamente le esportazioni di armi destinate a Israele, in risposta all’escalation militare nella Striscia di Gaza. Il cancelliere Friedrich Merz ha espresso preoccupazione per le ricadute umanitarie dell’offensiva israeliana, chiedendo al contempo un accesso senza ostacoli agli aiuti per la popolazione civile. Questa scelta segna un punto di svolta nella posizione di Berlino, tradizionalmente un forte alleato di Tel Aviv, e apre nuovi interrogativi sulle relazioni internazionali nel contesto della guerra a Gaza.
Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha annunciato, l’8 agosto, la sospensione delle esportazioni di armi verso Israele che potrebbero essere impiegate nella Striscia di Gaza.
Merz ha spiegato che “è sempre più difficile capire” come il piano militare israeliano possa davvero contribuire a obiettivi legittimi, come il rilascio degli ostaggi o il disarmo di Hamas.
Con queste parole, il leader tedesco ha espresso forte preoccupazione per l’impatto umanitario dell’offensiva in corso. Ha inoltre chiesto al governo israeliano di assicurare “pieno accesso alla consegna degli aiuti, anche alle organizzazioni delle Nazioni Unite e ad altre istituzioni non governative”.
Merz ha precisato che “il disarmo di Hamas è essenziale”, bilanciando così il suo discorso con un richiamo alla necessità di sicurezza.
Berlino è il secondo maggior esportatore di armi verso Israele, subito dopo gli Stati Uniti.
Tra il 7 ottobre 2023 e metà giugno 2025, la Germania ha approvato esportazioni di equipaggiamenti militari verso Israele per un valore complessivo di 485 milioni di euro.
Tuttavia, la posizione di Tel Aviv è sempre più sotto pressione internazionale, a causa della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza e delle critiche per le operazioni militari in corso.
La decisione tedesca arriva dopo l’approvazione da parte del gabinetto di sicurezza israeliano di una nuova operazione militare nella Striscia di Gaza, che prevede il controllo di Gaza City.
Da un lato, si temono le conseguenze umanitarie su una popolazione già profondamente colpita dal conflitto. Dall’altro, famiglie di ostaggi temono che l’operazione possa mettere in ulteriore pericolo le persone detenute da Hamas.
La Germania non è l’unico paese a essersi espresso contro il piano di Netanyahu ma la decisione di Berlino ha un valore particolare.
Da sempre tra i più fedeli alleati di Israele, la Germania basa il suo sostegno anche su una profonda responsabilità storica legata all’Olocausto, che rende questa decisione un passo sia significativo che storico. Inoltre, la Germania sostiene il diritto di Israele all’autodifesa, evidenziando la complessità della situazione.
Tuttavia, il gesto è soprattutto simbolico, poiché non interrompe le forniture derivanti da accordi precedenti né si configura come un embargo totale.
Mentre vari Paesi europei si preparano a riconoscere lo Stato di Palestina, tra cui Francia, Regno Unito, Canada e Malta, la Germania non intende seguire questa linea al momento. Berlino preferisce mantenere una posizione cauta, in linea con la sua tradizione storica.
Parallelamente, il 31 luglio, la Slovenia ha annunciato una decisione autonoma: il divieto totale di commercio di armi con Israele. Questa scelta è motivata dalle divisioni presenti all’interno dell’Unione Europea. Con questa decisione, è diventata il primo paese dell’Unione a imporre un simile divieto.
La sospensione tedesca rappresenta una mossa simbolica, ma dal forte valore politico e storico. Pur senza interrompere completamente le forniture, Berlino manda un segnale chiaro sulla necessità di bilanciare sicurezza e rispetto dei diritti umani. La decisione della Germania, insieme al divieto annunciato dalla Slovenia, indica un crescente malcontento in Europa verso le attuali strategie militari israeliane, sottolineando la complessità e la delicatezza della situazione internazionale.