11 Aug, 2025 - 13:37

Riconoscimento dello Stato di Palestina: Netanyahu attacca ma i paesi favorevoli aumentano

Riconoscimento dello Stato di Palestina: Netanyahu attacca ma i paesi favorevoli aumentano

Il governo australiano annuncia l’intenzione di riconoscere lo Stato di Palestina all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Questa decisione si inserisce in un contesto internazionale di crescente pressione su Israele, con molti paesi che chiedono una soluzione al conflitto e un miglioramento della situazione umanitaria a Gaza. Nel frattempo, Netanyahu critica duramente i paesi favorevoli.

L’annuncio dell’Australia

Il governo australiano riconoscerà lo Stato di Palestina all'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel mese di settembre. L'annuncio è arrivato dal primo ministro, Anthony Albanese. Il leader australiano ha affermato che la soluzione a due Stati è “la migliore speranza dell'umanità per spezzare il ciclo di violenza in Medio Oriente e porre fine al conflitto, alla sofferenza e alla fame a Gaza”.

“L'Australia riconoscerà il diritto del popolo palestinese a un proprio Stato, sulla base degli impegni ricevuti dall'Autorità Nazionale Palestinese. Collaboreremo con la comunità internazionale per rendere questo diritto una realtà”, ha dichiarato Albanese.

Gli impegni richiesti a Ramallah

In conferenza stampa, il premier australiano ha spiegato che la promessa di riconoscere la Palestina si fonda su precisi impegni presi dall’Autorità Nazionale Palestinese: uno Stato demilitarizzato, il riconoscimento del diritto di Israele a vivere in pace e sicurezza, elezioni libere e riforme di governance.

L'impegno di Canberra includerà anche quello di “isolare Hamas”. Albanese ha escluso qualsiasi ruolo per il gruppo e ha ribadito la richiesta di liberare gli ostaggi israeliani.

Con questa mossa, l’Australia si unisce alle nazioni occidentali che, nelle ultime settimane, hanno espresso la stessa intenzione: Canada, Francia, Malta e Regno Unito.

La pressione internazionale

Mentre la guerra tra Israele e Hamas prosegue senza segnali di arresto, aumenta la pressione internazionale su Israele. Sempre più paesi esprimono la loro disapprovazione per la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, dove le vittime della guerra hanno superato quota 61 mila. Cresce anche il numero di morti per fame e di persone uccise mentre cercano aiuti.

Israele ha dato il via libera all'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza dopo undici settimane di blocco, nel mese di maggio. Tuttavia, l’ingresso di cibo e medicinali rimane fortemente limitato.

La reazione di Netanyahu e le tensioni politiche

Il 10 agosto, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu ha attaccato i piani di diversi alleati occidentali di riconoscere lo Stato di Palestina. Poche ore prima dell’annuncio di Canberra, ha definito “vergognoso” il piano di queste nazioni.

“Vedere i paesi europei e l'Australia entrare in quella tana del Bianconiglio... è deludente, e penso che sia davvero vergognoso. Ma non cambierà la nostra posizione. Non ci suicideremo a livello nazionale per ottenere un buon editoriale di due minuti. Non lo faremo”, ha dichiarato.

Sebbene cinque paesi abbiano annunciato la loro intenzione di riconoscere lo Stato di Palestina, nessuno di loro ha ancora formalizzato la decisione. Spagna, Irlanda e Norvegia lo hanno invece fatto ufficialmente nel 2024.

Netanyahu ha sostenuto che la maggior parte dell'opinione pubblica israeliana è contraria al riconoscimento "perché sa che non porterà la pace, ma la guerra".

Solo una settimana fa, il premier israeliano ha presentato un piano per ottenere il controllo dell'intera Striscia di Gaza. Tel Aviv ha recentemente approvato un’operazione su Gaza City, aumentando i timori di un ulteriore aggravamento dell’emergenza umanitaria nell’enclave palestinese. Nel frattempo, anche all’interno di Israele si levano numerose voci critiche, comprese quelle delle famiglie degli ostaggi, preoccupate per la sorte dei propri cari.

La crescente intenzione di diversi paesi occidentali di riconoscere lo Stato di Palestina segna un momento cruciale nella diplomazia internazionale sul Medio Oriente. Tuttavia, la dura opposizione di Israele e l’escalation del conflitto mettono a rischio ogni possibile avanzamento verso una pace.

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