Ottobre è arrivato, e per molti pensionati resta l’appuntamento fisso con il cedolino. Il problema? Quel tanto atteso rimborso 730 continua a non comparire.
Il mese scorso la pensione era uguale a quella di sempre, e anche ad agosto l’importo non è cambiato. Alcuni hanno addirittura ricevuto meno del solito.
Ma perché un conguaglio atteso non arriva? Quali sono i ritardi tecnici che possono far slittare tutto di mesi? E come si può agire per non rimanere in attesa all’infinito?
Prima di approfondire il discorso, punto per punto, vi lasciamo al video YouTube di Bonus e Pagamenti sull'argomento.
Molti accrediti tardano a causa della data di invio della dichiarazione. Chi ha trasmesso il 730 dopo il 30 giugno rischia di veder comparire il rimborso solo in autunno, quando l’ente pensionistico riceve i dati aggiornati.
Non è raro che il problema derivi dalla cosiddetta “capienza” del sostituto d’imposta: se l’ente non ha abbastanza ritenute da restituire, il pagamento slitta e passa direttamente all’Agenzia delle Entrate, con tempi inevitabilmente più lunghi.
Poi ci sono i controlli preventivi, attivati soprattutto su rimborsi superiori a 4.000 euro. In questi casi un funzionario deve esaminare la dichiarazione riga per riga, e l’attesa può durare anche sei mesi.
Un’altra causa frequente? Coordinate bancarie errate o non comunicate, come un IBAN cambiato senza aggiornare l’ente o il CAF. Anche un’anomalia nel calcolo della pensione stessa può bloccare tutto, specialmente se la cifra mensile presenta oscillazioni legate a bonus, adeguamenti o trattenute.
La regola generale per i pensionati prevede l’accredito nel secondo mese successivo a quello in cui l’INPS riceve il prospetto di liquidazione.
In pratica, chi ha inviato la dichiarazione a fine maggio potrebbe ricevere il rimborso già in agosto, mentre per chi l’ha presentata a luglio o agosto la data di accredito può scivolare a ottobre o oltre.
Il calendario di trasmissione dei dati incide in modo diretto:
Se subentrano controlli o mancanza di capienza, la pratica passa all’Agenzia delle Entrate, che può impiegare più tempo a liquidare l’importo.
Un’altra variabile entra in gioco sul ritardo dal 2025: la compensazione automatica. Se il rimborso 730 supera i 500 euro e il contribuente ha debiti fiscali pendenti, la somma viene bloccata fino alla verifica. L’Agenzia propone di compensare i debiti, e finché il contribuente non accetta o salda, l’accredito resta fermo.
E poi ci sono gli errori nel calcolo della pensione. Non è un’eccezione, ma una realtà diffusa: sei pensioni su dieci presentano differenze a sfavore del pensionato, spesso di centinaia di euro al mese. In questi casi, il rimborso può essere ridotto o assorbito da rettifiche sugli importi dovuti.
La prima mossa è controllare la propria posizione online. Accedendo con SPID o CIE al portale dell’INPS, nella sezione “Cedolini pensione”, è possibile verificare se è stato disposto un conguaglio a credito.
Se non compare nulla, è utile contattare il CAF o il professionista che ha inviato la dichiarazione per confermare la data di trasmissione e la correttezza dei dati.
È fondamentale controllare l’IBAN comunicato, soprattutto se si è cambiata banca negli ultimi mesi. In caso di importi rilevanti o sospetti di controllo fiscale, conviene verificare l’eventuale presenza di debiti e, se necessario, agire in anticipo per evitarne la compensazione.
Quando i tempi di attesa superano i due o tre mesi rispetto alla data prevista, si può presentare un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate, allegando copia della dichiarazione e dei documenti necessari. Un’azione formale può accelerare l’esame della pratica.