La guerra a Gaza resta al centro delle priorità internazionali, mentre Donald Trump ha avviato nuove consultazioni sul futuro dell’enclave palestinese. Alla Casa Bianca, il presidente ha discusso con Tony Blair e Jared Kushner ipotesi di piani postbellici, ma tra critiche e divergenze la prospettiva di una tregua stabile appare sempre più lontana.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha presieduto, il 27 agosto, una riunione sulla guerra tra Israele e Hamas e sui piani postbellici per la Striscia di Gaza.
All'incontro, avvenuto alla Casa Bianca, erano presenti anche l'ex premier britannico, Tony Blair, e l'ex consigliere di Trump per il Medio Oriente durante il primo mandato, Jared Kushner.
L’Axios riporta, citando due fonti a conoscenza, che Blair e Kushner hanno presentato a Trump alcune idee sul piano post-guerra a Gaza. È stata discussa anche la questione dei flussi di aiuti verso l'enclave palestinese e come incrementare il volume delle consegne.
Dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali del novembre 2024, il suo team aveva contribuito al raggiungimento di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Tuttavia, l'accordo di tregua si è interrotto dopo 60 giorni, a metà marzo, a causa di disaccordi tra le parti sulla prosecuzione della fase successiva.
Trump ha suscitato forti critiche con la sua idea di trasformare Gaza nella "Riviera del Medio Oriente" e con l’ipotesi di uno sfollamento permanente dei palestinesi dal loro territorio. I gruppi per i diritti umani hanno respinto con fermezza queste ipotesi, sostenendo che potrebbero rappresentare una violazione del diritto internazionale ed equivalere ad una forma di pulizia etnica. Anche diversi paesi arabi hanno manifestato netta contrarietà.
Diversi media avevano già riportato che il progetto di trasformare l'enclave palestinese in un resort di lusso fosse stato lanciato da Jared Kushner un anno prima. Kushner è il marito della figlia di Donald Trump, Ivanka. Nel mese di luglio, il Financial Times ha rivelato che il Tony Blair Institute aveva partecipato ad un progetto volto a sviluppare un piano per Gaza dopo la guerra. Blair, ricordato come primo ministro della Gran Bretagna durante la guerra in Iraq del 2003, aveva già affrontato complesse criticità internazionali.
A mesi di distanza dal fallimento della tregua a Gaza, i mediatori, Stati Uniti, Egitto e Qatar, portano avanti gli sforzi diplomatici per porre fine al conflitto. Tuttavia, un’intesa appare ancora lontana e la questione del futuro dell’enclave resta fondamentale. La futura ricostruzione, infatti, si intreccia con la fine della guerra, rendendo il quadro ancora più delicato.
Un piano postbellico deve innanzitutto salvaguardare il futuro dei palestinesi nella propria terra. Qualsiasi ipotesi che conduca ad un trasferimento permanente della popolazione di Gaza nei paesi vicini. o, come accennano alcuni media, addirittura in altri stati lontani, per esempio in Africa, significherebbe privare i palestinesi delle proprie radici. Inoltre, progetti che prevedono di trasformare l’enclave palestinese in un resort di lusso sollevano gravi timori umanitari, alimentando la paura di una cancellazione forzata dell’identità e della dignità di un intero popolo.
La crisi umanitaria a Gaza continua ad aggravarsi. Parallelamente, il 21 agosto le forze israeliane hanno avviato una nuova operazione militare che mira ad un’invasione terrestre di Gaza City. Questo si aggiunge ad una situazione già altamente allarmante, con milioni di palestinesi sfollati più volte. Dall’ottobre 2023, oltre 62mila palestinesi hanno perso la vita secondo i dati del ministero della Sanità di Gaza. Almeno 313 persone sono morte a causa della fame, tra cui 119 bambini.