La corretta gestione delle fatture elettroniche, che include l'invio e la conservazione, è un tema importante per liberi professionisti e imprenditori. Un dibattito che in queste settimane si è acceso anche sotto il profilo giurisprudenziale. Come riportato da fiscooggi.it, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28910 del 6 agosto 2025, è intervenuta per chiarire che la mancata conservazione digitale delle fatture (stampate e consegnate senza salvataggio del file) non rappresenta la "distruzione degli atti", ma costituisce "occultamento delle scritture contabili". Questa definizione, tutt'altro che teorica, ha implicazioni dirette sia sulla prescrizione sia sul rischio di gravi conseguenze penali per il contribuente.

Gestire le fatture elettroniche significa anche distinguere correttamente tra distruzione e occultamento: una distinzione fondamentale per evitare errori che potrebbero trasformarsi in reati tributari.
Come indicato da Fisco Oggi, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28910 del 6 agosto 2025, ha approfondito la materia dei reati tributari legati alla gestione delle scritture contabili.
Nel caso esaminato, è emersa la condotta di un imprenditore che emetteva fatture in formato cartaceo, senza conservarne la copia elettronica e omettendo la registrazione nei registri fiscali. Da tale comportamento è scaturita la discussione giuridica sulla differenza tra "distruzione" e "occultamento" dei documenti contabili.
La Suprema Corte ha spiegato le due nozioni e le loro diverse implicazioni giuridiche, che riguardano la prescrizione e la prova del dolo previste dall’articolo 10 del decreto legislativo 74/2000, quale:
Secondo la sentenza, l’imprenditore aveva compiuto diverse operazioni, tra cui:
Dal punto di vista fiscale, la "distruzione" consiste nella soppressione materiale di un documento già esistente. Nel caso in esame, invece, il contribuente ha impedito la formazione e la conservazione della copia principale destinata alla contabilità dell’emittente.
L’analisi dell’Amministrazione finanziaria ha evidenziato che le fatture erano rinvenibili presso i clienti, dimostrando l’effettiva esistenza delle operazioni.
Non si è trattato quindi di soppressione di documenti, ma della volontà del contribuente di renderli irrintracciabili nella propria contabilità (mancato salvataggio, mancata registrazione).
In altre parole, ha agito con l’intento di occultare i documenti, rendendoli definitivamente indisponibili ai fini degli accertamenti, senza che ciò coincidesse con la loro distruzione materiale.
Un aspetto decisivo riguarda la prescrizione:
È importante sottolineare che la condotta rientra nel reato del dolo specifico. Non si è trattato semplicemente di distruzione di documenti fiscali, ma, come riportato da Fisco Oggi, il contribuente ha agito con l’intento di evadere le imposte sui redditi o l’IVA (o di consentire a terzi di evadere). Una condotta che esclude la mera negligenza o disorganizzazione casuale.
Gestire correttamente le fatture elettroniche può essere complicato, e molti professionisti si chiedono quando si rischia davvero il penale. Ecco le risposte alle tre domande più comuni.
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