Aveva 25 anni, un lavoro stagionale come barman e chissà quanti sogni nel cassetto da provare a realizzare; chi lo conosceva parla di lui come di "un ragazzo sempre sorridente e pieno di vita". Alex Marangon, originario di Marcon, è morto nell'estate del 2024 dopo aver partecipato a un rito sciamanico a Vidor, nel Trevigiano. Rito che avrebbe previsto, tra le altre cose, l'assunzione di droghe, tra cui la "famigerata" ayahuasca, una sostanza allucinogena il cui uso - in Italia - è vietato. Dopo mesi di domande senza risposte, ora la possibile svolta nelle indagini.
Nel fascicolo d'inchiesta aperto dalla Procura per fare luce sulla morte del ragazzo - apparsa fin dai primi istanti misteriosissima - il capo di imputazione era inizialmente quello di omicidio volontario. Si pensava, in pratica, che dopo essersi allontanato dall'abbazia Santa Bona di Vidor - teatro del rito sciamanico a cui stava partecipando insieme ad altre persone, erano una ventina in tutto - il giovane potesse essere stato aggredito.
Dopo l'autopsia eseguita dal professor Alberto Furlanetto, che ha ricondotto la causa del decesso a un trauma cranico da caduta, gli inquirenti hanno poi modificato il titolo in "morte come conseguenza di altro reato". C'è però una novità: come riporta Il Gazzettino Veneto, nel fascicolo sarebbe confluita, infatti, anche la denuncia presentata dalla famiglia del 25enne contro gli organizzatori della serata, per il reato di cessione di droga.
Fin dall'inizio della vicenda, i familiari di Alex respingono l'ipotesi - lasciata invece aperta dal medico legale incaricato dalla Procura - che il ragazzo possa essersi suicidato, gettandosi dalla terrazza dell'abbazia sotto la quale fu trovato senza vita diversi giorni dopo la scomparsa.
A finire nel loro mirino, in particolare, Andrea Zuin, che attraverso la sua associazione ZuMusic Project aveva organizzato il raduno, la compagna Tatiana Marchetto, i due curanderi colombiani Jhonni Benavides e Sebastian Castillo, e Alexandra Diana Da Sacco, moglie del conte Giulio Da Sacco, proprietario dell’abbazia.
Il presupposto è che tutti, in maniera diretta o indiretta, sarebbero responsabili di quanto accaduto. I loro nomi sono i primi a comparire finora nei documenti ufficiali. Anche se, essendo l'indagine coperta da segreto istruttorio, non è dato sapere se siano formalmente indagati o lo saranno.
Il cadavere di Alex fu trovato senza vita sul greto del fiume Piave, a pochi passi dall'abbazia, il 2 luglio 2024. Del ragazzo però si erano perse le tracce tre giorni prima, il 29 giugno. Quando cioè, nel bel mezzo del rito, egli si era alzato ed era uscito, venendo inseguito, secondo alcuni dei partecipanti, dai due curanderos, che riferirono poi al resto del gruppo di non essere riusciti a raggiungerlo.
La convinzione dei genitori è da sempre la stessa: che da quella terrazza non sia caduto, né si sia gettato. Bensì che qualcuno lo abbia spinto, dopo averlo pestato. Forse perché aveva visto - e si era opposto - a qualche pratica che non condivideva. Come era nella sua natura. A farlo pensare, le lesioni riscontrate in diversi punti del suo corpo dal consulente di parte, il medico legale Antonello Cirnelli.
La loro speranza è che chi indaga possa tornare sui suoi passi e chiarire una volta per tutte quanto accadde quella notte. "Non stiamo cercando un assassino a tutti i costi e vogliamo evitare le polemiche; l'ho detto più volte e lo ribadisco. Ciò che alla famiglia interessa è che si arrivi alla verità", le parole che l'avvocato Stefano Stigani aveva affidato a Tag24. Ora gli ultimi, importanti sviluppi.
In alto il ricordo della sorella di Alex nella puntata del 7 maggio 2025 della trasmissione Rai "Ore 14".