"The Tourist", serie BBC, visibile in Italia al momento solo su Paramount+, è stato descritto dai suoi estimatori come un'eccellente commedia nera, violenta e surreale, e liquidato dai detrattori come un esercizio di stile frustrante e illogico.
Ma a prescindere dai pareri contrastanti, la serie è diventata un vero e proprio caso di studio su cosa il pubblico cerchi (e rifiuti) in una narrazione moderna.
Analizzando le reazioni appassionate che suscita, emerge il ritratto di una serie audace e imperfetta, la cui genialità per alcuni coincide esattamente con i suoi difetti per altri.
La premessa è tanto semplice quanto iconica: un uomo (Jamie Dornan) si risveglia in un ospedale nel cuore dell'outback australiano dopo un violento incidente d'auto, privo di qualsiasi ricordo sulla propria identità.
Da qui si dipana un mistero che lo costringe a ricostruire il suo passato mentre figure letali e bizzarre tentano di ucciderlo. È proprio in questo incipit che si annida la prima, grande biforcazione di giudizio.
Per una parte del pubblico, è l'inizio di un viaggio avvincente. L'ambientazione assolata e desolata, popolata da personaggi eccentrici che sembrano usciti da un film dei fratelli Coen, crea un'atmosfera irresistibile.
La serie gioca magistralmente con i toni, passando da una suspense quasi insopportabile a un umorismo nero e grottesco, spesso all'interno della stessa scena.
È questa imprevedibilità a catturare chi è disposto a salire a bordo, a perdonare qualche forzatura in nome di un'originalità stilistica che ricorda per certi versi "Killing Eve" o il più di nicchia "Patriot".
Tuttavia, è proprio questa libertà stilistica a irritare profondamente un'altra fetta di spettatori. Le critiche si sono concentrate sulla coerenza narrativa, con alcuni che hanno sottolineato buchi di trama evidenti, come un'enorme esplosione che non sembra allertare minimamente le forze dell'ordine.
Per questo pubblico, la sospensione dell'incredulità ha un limite, e "The Tourist" lo supera deliberatamente troppe volte.
Una delle frustrazioni più citate è legata a un classico meccanismo narrativo: la storia, si dice, finirebbe in cinque minuti se solo i personaggi si dicessero onestamente quello che sanno.
Se per alcuni questo è un espediente per mantenere alta la tensione, per altri è un segno di scrittura pigra, un modo artificioso per allungare un mistero altrimenti esile.
Ancora più profonda è l'analisi di chi vede nello stile della serie un'eco fin troppo riconoscibile del cinema di Quentin Tarantino, in particolare di "Kill Bill".
Le somiglianze, sottolineano alcuni spettatori attenti, sono troppe per essere casuali. Il protagonista amnesico che si risveglia in ospedale ricorda la Sposa di Uma Thurman; un'assassina che fischietta una melodia allegra prima di un agguato sembra un calco del personaggio di Daryl Hannah; persino la traumatica scena di sepoltura prematura trova un suo equivalente.
La domanda che sorge spontanea è se si tratti di un omaggio postmoderno o di una semplice mancanza di originalità.
La risposta, probabilmente, risiede negli occhi di chi guarda, ma il dibattito resta aperto.
Persino il confronto con altri giganti della televisione moderna, come "Better Call Saul", viene usato come metro di paragone. Alcuni sostengono che la serie di Vince Gilligan riesca a gestire gli stessi elementi – commedia nera, tensione, personaggi moralmente ambigui – con una maestria e una profondità a cui "The Tourist" può solo aspirare.
Tutte queste critiche, però, non sono da poco. Significa che la serie, nel bene e nel male, si posiziona in quel segmento "prestige" dove la scrittura viene analizzata al microscopio.
Eppure, nonostante le critiche, la serie possiede un fascino innegabile che ha tenuto incollati allo schermo anche gli scettici. La sua natura di "fuoco lento", la sua stranezza e il mistero centrale sono sufficienti a mantenere viva la curiosità.
Alcuni ritengono addirittura che la seconda stagione sia superiore alla prima, a riprova della capacità dello show di evolversi.
Insomma potremmo dire che "The Tourist" non è una serie per tutti. Non è un prodotto confortevole da guardare passivamente. Richiede allo spettatore di accettare le sue regole, di abbracciare le sue stranezze e di perdonare le sue incongruenze in nome di un'esperienza stilistica e tonale fuori dal comune.