17 Sep, 2025 - 17:19

"Diario dei miei due di picche" su Netflix, come finisce e vale la pena vederla

"Diario dei miei due di picche" su Netflix, come finisce e vale la pena vederla

Diario dei miei due di picche, la nuova serie svedese che sta conquistando il pubblico di Netflix, racconta la storia di Amanda, una giovane donna che deve superare un mare di appuntamenti falliti a Malmö.

Le sue disavventure diventano un ritratto tragicomico di una generazione alle prese con la ricerca dell'amore nell'era digitale. Il titolo originale, "Metà degli uomini di Malmö mi hanno lasciata", è già di per sé un manifesto.

Ma dietro l'umorismo e i rifiuti seriali si nasconde una domanda che non possiamo fare a meno di porci: quanto di tutto questo è reale? E come finisce la prima stagione?

Come finisce Diario dei miei due di picche, serie svedese su Netflix

Amanda e la sorella Adina hanno dovuto fare i conti con un padre assente, che si è rifatto una vita con una nuova famiglia, e con una madre poco affidabile, incline a relazioni sbagliate e a visioni eccentriche come l’idea del “matrimonio con il cosmo”.

Questo contesto familiare ha lasciato profonde insicurezze in Amanda e l'ha resa incapace di vivere l’amore con leggerezza.

Il rapporto con Adina, invece stabile e sereno accanto al compagno Filip, diventa per Amanda un costante termine di paragone e fonte di frustrazione.

Le cose sembrano cambiare quando nella sua vita riappare Emil, vecchio compagno di scuola. Attento e rispettoso, riesce a conquistarla nonostante le esitazioni iniziali. Amanda, per la prima volta, si apre e confessa le proprie paure, trovando in lui comprensione e accoglienza.

Il finale di stagione, però, lascia lo spettatore sospeso e sorpreso: durante una festa, Amanda trascorre la notte con un barista e teme che quest’ultimo possa rivelare tutto a Emil.

La loro relazione, appena sbocciata, si trova così a rischio ancor prima di diventare ufficiale e apre la strada a nuove incertezze che verranno svelate nella prossima stagione.

La serie si basa su una storia vera?

Ebbene sì. La serie non è semplicemente "ispirata" a una storia vera; è il distillato doloroso e catartico di dodici anni di vita da single dell'autrice Amanda Romare, trasposti prima nel suo omonimo romanzo e ora sullo schermo.

In un atto di vulnerabilità radicale, Romare ha messo a nudo le sue esperienze sentimentali più intense, le sue insicurezze e la sua lotta con un'autostima vacillante. Se inizialmente aveva definito il libro come semi-romanzato, col tempo ha ammesso che circa il 90% di ciò che leggiamo e vediamo è accaduto davvero.

Questa non è una semplice nota a margine; è la chiave per comprendere la profondità emotiva della serie. I soprannomi dati ai suoi partner, da "Il vicino" a "Il barista", non sono espedienti narrativi, ma prestiti diretti dalla sua vita, ancore a persone reali che, come ha ammesso, fanno ancora parte del suo mondo e che rendono l'intero progetto un delicato e coraggioso gioco di specchi tra realtà e finzione.

Dalla pagina allo schermo: la paura di rivedersi

Trasformare un'opera così intimamente autobiografica in una serie TV ha presentato una serie di sfide uniche, non solo per gli sceneggiatori, ma per la stessa Romare.

Inizialmente, l'autrice ha ammesso di aver provato una profonda ansia all'idea di vedere la sua vita e il suo alter ego, Amanda, interpretati da altri.

La sua paura era che la rappresentazione potesse distaccarsi troppo dalla sua realtà, o peggio, che potesse essere costretta a confrontarsi con i lati più oscuri del suo personaggio, e quindi di se stessa, senza il filtro della scrittura.

Tuttavia, questa apprensione si è trasformata in un rinnovato apprezzamento dopo aver visto il primo episodio. Vedere la "sua" Amanda prendere vita sullo schermo le ha permesso di guardare al personaggio con occhi nuovi, riconoscendola non solo come un riflesso di sé, ma come una figura universale in cerca d'amore, la cui identità viene costantemente plasmata e ferita da ogni rifiuto.

L'ottima performance di Carla Sehn

Il compito di dare un volto a questa complessa psicologia è ricaduto sull'attrice Carla Sehn, che ha affrontato il ruolo con notevole sensibilità e intelligenza.

Consapevole del peso autobiografico del personaggio, Sehn ha fatto una scelta importante: concentrarsi esclusivamente sull'Amanda del libro, non sulla persona reale di Amanda Romare. Il suo obiettivo non era creare un biopic o un'imitazione, ma dare vita a un personaggio che fosse artisticamente autentico e indipendente.

"Siamo anime gemelle se percepite come parte della società in generale", ha dichiarato Sehn, riconoscendo il legame universale con le pressioni e le insicurezze che Amanda affronta.

Pur conducendo una vita molto diversa, l'attrice ha trovato un terreno comune nella lotta per mantenere la propria sicurezza di fronte alle aspettative sociali. Questo approccio ha permesso alla sua interpretazione di avere una propria anima e di aggiungere sfumature e brio al personaggio senza tradirne l'essenza.

Diario dei miei due di picche è la prova che, a volte, per guarire da un cuore spezzato, bisogna prima avere il coraggio di raccontarlo al mondo intero.

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