Forse saranno pochi, oggi, a tirare un sospiro di sollievo potendo accedere alla pensione anticipata tra i 62 e i 64 anni. Sempre che il TFR riesca davvero a fungere da supporto per l’uscita dal lavoro. In vista della prossima Legge di Bilancio, si affacciano nuove ipotesi sul fronte previdenziale per il 2026.
Attualmente il quadro normativo italiano è regolato da misure transitorie introdotte con la legge di bilancio 2024 e prorogate per il 2025: Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna. Strumenti pensati per categorie specifiche, ma con requisiti stringenti e scadenza fissata al 31 dicembre 2025.
Oggi si discute del possibile varo di un nuovo canale di pensionamento anticipato a 64 anni, con almeno 20 o 25 anni di contributi, che potrebbe sostituire le misure attuali. Una proposta che rappresenta il nodo più dibattuto nelle sedi tecniche e politiche, anche per le implicazioni legate al TFR.
Un contributo utile per orientarsi in questo dibattito è il video “come andare in pensione a 64 anni nel 2025!” pubblicato da MiaPensione su YouTube, che illustra con chiarezza le ipotesi in campo e le possibili ricadute per i lavoratori.
L’INPS ha diffuso i primi dati sull’andamento delle pensioni anticipate: nel 2024 sono state liquidate oltre 224 mila prestazioni. Nel primo semestre 2025, invece, le nuove liquidazioni si sono fermate a circa 98 mila, con un calo del 17% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Sul fronte della spesa, la Ragioneria Generale dello Stato ha evidenziato nel Rapporto 2025 che il peso delle pensioni, in rapporto al PIL, è destinato a crescere nei prossimi quindici anni, fino a un picco intorno al 2040. Questo scenario rende inevitabile un riordino delle regole previdenziali, in nome della sostenibilità dei conti pubblici.
Dopo oltre dieci anni dalla riforma Fornero, il governo valuta di introdurre un requisito anagrafico di 64 anni e una soglia contributiva minima di 20-25 anni per la pensione anticipata.
Tuttavia, per ragioni di sostenibilità finanziaria, la misura verrebbe erogata interamente con il metodo contributivo: l’assegno sarebbe quindi più basso rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni. In pratica, si tratterebbe di un compromesso: flessibilità in uscita, ma con importi ridotti.
Normativamente, la misura si affiancherebbe all’articolo 24 del decreto-legge n. 201/2011 (riforma Fornero), configurandosi come una deroga temporanea, forse con una sperimentazione triennale.
Il Trattamento di Fine Rapporto, disciplinato dall’articolo 2120 del Codice Civile, è tradizionalmente liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro e rivalutato ogni anno (+1,873336% a luglio 2025). Può essere richiesto in anticipo solo in casi particolari (spese sanitarie, acquisto prima casa, ecc.).
L’ipotesi in discussione è di utilizzare il TFR come integrazione del reddito nei primi anni di pensione anticipata, colmando il divario tra i 64 e i 67 anni. Una sorta di “rendita ponte” che ricorda i meccanismi della previdenza complementare.
Tuttavia, non tutti i lavoratori dispongono di un TFR sufficiente: molti lo hanno già anticipato o destinato ai fondi pensione. Le parti sociali temono che questa soluzione finisca per scaricare sui singoli l’onere della flessibilità, trasformando un diritto in una spesa privata.
Se non saranno prorogate nella Legge di Bilancio 2026, dal 1° gennaio non esisteranno più:
In assenza di rinnovi, resteranno solo le regole della Legge Fornero:
Dal 2027 questi requisiti saranno adeguati automaticamente agli incrementi della speranza di vita.
In conclusione, la pensione anticipata dal 2026 potrebbe assumere forme nuove, legate al TFR o a strumenti integrativi, ma con assegni più bassi e platee ridotte. La prossima Legge di Bilancio sarà decisiva: le scelte del governo saranno guidate dai vincoli di finanza pubblica e dalle regole europee sul debito.