La decisione della ABC di sospendere "a tempo indeterminato" il Jimmy Kimmel Live! non è solo una nota a piè di pagina nella programmazione autunnale; è un terremoto mediatico che sta scuotendo le fondamenta del rapporto tra intrattenimento, politica e potere corporativo.
Al centro della tempesta c'è un Jimmy Kimmel descritto come "completamente furioso", pronto a una guerra totale non solo per il suo show, ma per quello che percepisce come un attacco al diritto fondamentale di espressione.
E da qui sta nascendo la sua battaglia per rescindere il contratto con l'emittente.
Ma cos'è accaduto davvero?
Tutto ha avuto inizio con un breve monologo, una manciata di frasi pronunciate lunedì sera. Commentando il tragico assassinio dell'attivista di destra Charlie Kirk, avvenuto il 10 settembre, Kimmel ha accusato quella che ha definito la "gang MAGA" di strumentalizzare la morte per un cinico tornaconto politico.
"Abbiamo toccato nuovi minimi questo fine settimana", ha dichiarato, "con la banda MAGA che ha cercato di caratterizzare questo ragazzo che ha ucciso Charlie Kirk come qualcosa di diverso da uno di loro".
Sono state queste parole a far scattare la tagliola della ABC, una mossa che ha immediatamente infiammato il dibattito pubblico e ha provocato la reazione esultante di Donald Trump.
Ma dietro le quinte, la reazione di Kimmel è stata tutt'altro che rassegnata. Fonti vicine al conduttore, parlando con il Daily Mail, dipingono il ritratto di un uomo tradito e infuriato, determinato non solo a combattere la sospensione, ma a recidere per sempre i suoi legami con la rete che è stata la sua casa per oltre due decenni.
"Questa è la goccia che fa traboccare il vaso", ha riferito una fonte, "e Jimmy ora sta cercando attivamente dei modi per rescindere il suo contratto".
La rabbia di Kimmel, tuttavia, sembra trascendere la questione personale. Secondo le indiscrezioni, la sua non è una battaglia per salvare uno show, ma per difendere un principio. "Combatterà contro questa cosa, non perché tenga così tanto allo show... ma perché gli sta a cuore il precedente", ha continuato la fonte, sottolineando come la decisione della ABC crei un pericoloso precedente sulla possibilità per un comico di commentare eventi politici tragici.
La questione, per il team di Kimmel, si sposta sul terreno del Primo Emendamento e fa sorgere un interrogativo inquietante: dove finisce la satira e dove inizia la censura aziendale?
La strategia di Kimmel sembra già delineata e si preannuncia aggressiva. Non solo starebbe pianificando un'apparizione come ospite nel talk show di un altro gigante della satira anti-Trump, Stephen Colbert, ma starebbe anche valutando di mobilitare la sua vasta rete di amicizie a Hollywood.
La minaccia, secondo le fonti, è quella di un vero e proprio boicottaggio, convincendo celebrità di primo piano a disertare i programmi di punta della ABC, incluso il talk show diurno The View.
La vicenda si carica di un peso politico ancora maggiore se si considera il contesto.
Con le elezioni alle porte, Kimmel e Colbert sarebbero determinati a "fare qualcosa insieme per combattere" un'eventuale nuova amministrazione Trump.
La sospensione viene quindi letta dal campo progressista non come una decisione editoriale, ma come un atto di codardia da parte della ABC di fronte alle pressioni della destra politica, una tesi rafforzata dalla celebrazione immediata di Donald Trump. "Ottime notizie per l'America", ha scritto l'ex presidente su Truth Social, definendo Kimmel "senza talento" e congratulandosi con la ABC "per aver finalmente avuto il coraggio di fare ciò che andava fatto".
Mentre i rappresentanti di ABC, Kimmel e Colbert mantengono un rigoroso silenzio ufficiale, la battaglia infuria attraverso fonti anonime e post sui social media.
Quello che è certo è che la sospensione di Jimmy Kimmel ha tracciato una linea rossa nella sabbia, trasformando un monologo controverso in un caso emblematico sui limiti della parola nell'America polarizzata di oggi.