David Letterman, icona e decano della TV notturna, che per oltre trent'anni ha definito i contorni della satira americana, è sceso in campo con la forza di un titano per difendere Jimmy Kimmel, il suo erede spirituale ora al centro di una tempesta mediatica senza precedenti.
Parlando all'Atlantic Festival di New York, Letterman non ha usato mezzi termini, definendo la decisione della ABC di sospendere Kimmel "ridicola" e un atto di sottomissione a "un'amministrazione criminale autoritaria".
Le sue parole non sono solo un gesto di solidarietà; sono una condanna durissima che trasforma una crisi aziendale in una battaglia per l'anima della comicità politica in America.
Mentre il mondo attendeva una dichiarazione ufficiale da parte di Kimmel, rimasto in un silenzio strategico, Letterman ha offerto uno scorcio intimo e umanizzante sulla reazione del suo amico.
"Ho sentito Jimmy", ha confermato, rivelando di aver ricevuto un messaggio proprio quella mattina.
In un dettaglio che contrasta potentemente con la rabbia e la tensione del momento, Letterman ha condiviso il contenuto del testo: "È seduto sul letto e sta mangiando. Starà bene".
È un'immagine quasi surreale: l'uomo al centro di un ciclone mediatico, che secondo le fonti sta pianificando una guerra legale per rescindere il suo contratto, ritratto in un momento di quiete domestica. Ma questa normalità apparente non fa che acuire la gravità della situazione.
La difesa di Letterman è andata dritta al cuore del problema, identificando la paura come motore della decisione della ABC. "Non puoi andare in giro a licenziare qualcuno perché hai paura o perché cerchi di adulare...", ha dichiarato, senza nominare direttamente Donald Trump ma lasciando pochi dubbi sul suo riferimento.
Per Letterman, la mossa della ABC non è una questione di disciplina editoriale, ma un atto di codardia che crea un precedente pericoloso, un segnale che le pressioni politiche possono silenziare una delle voci più critiche della nazione.
È emerso che potenti conglomerati mediatici come Nexstar e Sinclair, il più grande gruppo di affiliati della ABC, si sono "fortemente opposti" al monologo di Kimmel sull'assassinio dell'attivista di destra Charlie Kirk.
Sinclair, in particolare, avrebbe chiesto non solo delle "scuse dirette" alla famiglia di Kirk, ma anche una "significativa donazione personale" da parte del conduttore.
Questa non è più solo una controversia; è un'offensiva coordinata da parte di forze mediatiche conservatrici che ha messo la ABC con le spalle al muro.
In questo clima da assedio, il mondo della TV notturna ha fatto quadrato. La solidarietà dei "concorrenti" di Kimmel è stata immediata e veemente.
"È un ragazzo perbene, divertente e affettuoso. Spero che torni", ha dichiarato Jimmy Fallon, mentre Seth Meyers ha alzato la posta, definendo la situazione "un momento importante per la nostra democrazia" e invocando una difesa collettiva dei "principi della libertà di espressione".
Il fatto che Donald Trump, nel suo post celebrativo su Truth Social, abbia attaccato nominalmente anche Fallon e Meyers, non fa che rafforzare la percezione di una guerra combattuta su un fronte comune.
Mentre Kimmel viene fotografato sorridente mentre si reca nel suo studio legale, la situazione è in una fase di stallo esplosiva.
Ha il sostegno dei giganti del suo settore, l'ira di un establishment politico e mediatico, e un contratto che potrebbe usare come leva per una rottura clamorosa. La battaglia è solo all'inizio.