19 Sep, 2025 - 20:09

Come si conclude Black Rabbit: il finale spiegato

Come si conclude Black Rabbit: il finale spiegato

Fin dal primo episodio, Black Rabbit ha incantato gli spettatori. La miniserie di Netflix, sorretta dalle performance magnetiche di Jude Law e Jason Bateman, non ha deluso le aspettative, costruendo un castello di carte fatto di ambizione, debiti e segreti inconfessabili.

Ma è nel suo finale che l'opera rivela la sua vera, cupa natura: non c'è lieto fine nella tana del Bianconiglio. 

Scopriamo i dettagli.

Cosa succede nel finale di Black Rabbit

Per comprendere la portata della tragedia finale, è necessario smontare il delicato e precario equilibrio su cui si reggeva la vita di Jake Friedken (Law).

Il suo ristorante, il Black Rabbit, non è solo un locale di tendenza a Brooklyn; è un monumento alla sua capacità di compartimentalizzare, di tenere a bada i demoni del passato mentre serve cocktail a una clientela tanto glamour quanto pericolosa.

Jake è un maestro giocoliere: gestisce gli investitori, una chef di talento, un boss della mafia locale che è anche un vecchio amico di famiglia (un superbo Troy Kotsur) e una vita sentimentale caotica.

È una facciata scintillante costruita su fondamenta marce e pericolanti.

L'arrivo di suo fratello Vince (un superlativo Bateman) è la scossa sismica che fa crollare tutto. Vince non è solo un uomo in fuga dai suoi problemi di droga e dai suoi debiti; è l'incarnazione vivente di tutto ciò che Jake ha cercato di seppellire. Il suo ritorno riapre ferite mai cicatrizzate e, soprattutto, riporta in superficie il peccato originale che ha avvelenato le loro esistenze: la morte del padre.

Per gran parte della serie, questo trauma rimane un'ombra sullo sfondo, un dolore non specificato che alimenta l'autodistruzione di Vince e il controllo ossessivo di Jake. Ma è nella confessione finale che i pezzi del puzzle si ricompongono in un'immagine devastante.

Scopriamo che la loro infanzia è stata segnata dalla violenza di un padre abusivo. Una notte, per proteggere la madre, un giovanissimo Vince gli ha scagliato una palla da bowling alla testa, uccidendolo. Per anni, Vince ha portato il peso di questo atto, credendo di aver risparmiato al fratello minore la vista di quell'orrore.

La risposta di Jake, sussurrata sul tetto mentre il loro mondo va in fiamme, è un colpo al cuore: "Lo so". Jake ha visto tutto, ma ha scelto il silenzio, lasciando che Vince portasse da solo il fardello della colpa.

Questo segreto è la chiave di volta per comprendere ogni loro azione. Il bisogno di Vince di fuggire, la sua incapacità di costruire qualcosa di stabile, il suo debito con la vita stessa. E il bisogno di Jake di controllare tutto, di costruire un impero, forse per compensare l'impotenza provata da bambino.

Le ultime strazianti scene

Il finale accelera verso l'inevitabile quando i loro disperati tentativi di risolvere i problemi finanziari generano solo altra tragedia. La rapina al Black Rabbit, un'idea nata dalla mente di Jake e poi attuata da un riluttante Vince, è il punto di non ritorno. Ma è la morte accidentale di Anna, la barista vittima di violenza sessuale, a simboleggiare il contagio del loro caos.

Nel tentativo di intimidirla per conto di Vince, i due scagnozzi maldestri provocano la sua caduta fatale. La loro disfunzione non distrugge solo loro stessi, ma anche gli innocenti che gravitano nella loro orbita.

Tutto questo ci porta su quel tetto, con le sirene della polizia che si avvicinano. È un momento di una purezza quasi crudele. Le maschere cadono e i due fratelli si confessano finalmente la verità.

Non c'è più nulla da nascondere. È qui che le parole di un vecchio amico, Trevor, tornano come un'eco spettrale. Anni prima, Trevor era rimasto gravemente ferito dopo che Vince lo aveva sfidato a saltare tra due edifici. "Mi dovete un salto", aveva detto scherzando all'inizio della serie. Ora, quelle parole diventano una profezia.

"Avrei dovuto slegarti anni fa", dice Vince a Jake, un'ammissione di come il loro legame simbiotico e malato li abbia tenuti incatenati. Poi, guardando il ponte di Brooklyn, pronuncia le sue ultime parole: "Devo un salto". Con una calma raggelante, si lascia cadere all'indietro, pagando con la vita il debito che sentiva di avere con il mondo, con Trevor, e forse con se stesso.

L'immagine finale di Jake, che ha perso tutto ed è tornato a fare il barista in un locale qualunque, mentre ascolta le vecchie cassette della loro band, è la chiusura perfetta. Non c'è speranza, non c'è redenzione. C'è solo il silenzio, riempito dai fantasmi del passato e dalla melodia malinconica di Ella Fitzgerald. La città che sognavano di conquistare li ha semplicemente inghiottiti.

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