Il West americano, nell'immaginario collettivo, è un luogo di conquista prettamente maschile, un palcoscenico per eroi taciturni e fuorilegge spietati.
E se invece l'unica persona rimasta in piedi fosse una donna, spogliata di tutto tranne che della sua fede e di un istinto di sopravvivenza che non sapeva di possedere?
The Trail, opera prima dello scrittore e regista William Parker, si addentra in questo territorio inesplorato e ci regala un ritratto di sopravvivenza tanto viscerale quanto spirituale, raccontato attraverso lo sguardo di chi, nella storia della frontiera, è stata troppo spesso una figura silenziosa.
Il film ci presenta Amelia (una performance toccante di Jasmin Jandreau), una giovane casalinga devota e obbediente, la cui vita ruoto attorno al marito autoritario, Levi.
Attratti dalla promessa febbrile della Corsa all'Oro, i due si lasciano alle spalle tutto ciò che conoscono per inseguire un sogno di ricchezza in California. Ma il sogno si trasforma in incubo quando il loro carro viene attaccato lungo l'Oregon Trail.
L'attacco avviene fuori campo, una scelta registica precisa che sottolinea come il vero nemico non sia un avversario visibile, ma la desolazione stessa. Amelia si ritrova sola, unica sopravvissuta in una terra selvaggia e spietata.
È da questo punto di rottura che inizia il vero viaggio del film.
La prima metà di The Trail è un capolavoro di cinema sobrio e naturalistico, un balletto crudele tra una donna fragile e una natura indifferente.
Parker è magistrale nel mostrare, più che nel raccontare, la metamorfosi di Amelia. All'inizio, le sue azioni sono dettate dalla speranza di un salvataggio esterno: scrive "AIUTO" con delle pietre su un lenzuolo bianco, un gesto quasi infantile di fronte all'immensità del paesaggio. Ma quando l'aiuto non arriva, la disperazione si trasforma in determinazione. Si salverà da sola.
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Il simbolo più potente di questa trasformazione è il suo abito da sposa. Inizialmente un cimelio prezioso, un legame con la sua vecchia identità, l'abito diventa gradualmente uno strumento di sopravvivenza.
Amelia lo smonta pezzo per pezzo, in un atto che è al tempo stesso pratico e profondamente metaforico. Sta smantellando la sua vecchia vita, quella di una "figura decorativa", per costruirne una nuova. Quando usa un pezzo del velo per creare una rete da pesca, non sta solo cercando cibo; sta tessendo la sua indipendenza.
La scena in cui cattura il suo primo pesce è un altro punto di svolta cruciale. La gioia iniziale della riuscita si scontra immediatamente con la triste realtà: per vivere, deve togliere la vita. È il suo battesimo selvaggio, il momento in cui l'innocenza viene sacrificata sull'altare della sopravvivenza.
Proprio quando Amelia sembra aver trovato un equilibrio solitario, il film introduce un altro elemento: un bambino, anch'esso sopravvissuto e bisognoso di cure. Questa svolta sposta la narrazione dalla mera sopravvivenza alla responsabilità. Amelia non deve più pensare solo a se stessa; ora è una protettrice, una guida. È costretta ad assumere il ruolo di leader che prima apparteneva al marito, completando la sua inversione di ruoli.
È nel terzo atto, tuttavia, che il film, fino a quel momento così sottile, inciampa in un simbolismo eccessivamente didascalico. La narrazione, prima guidata da gesti e sguardi, si affida a dialoghi e monologhi che spiegano le lezioni morali e spirituali del viaggio.
Il trattamento della fede, prima un sostegno interiore e silenzioso per Amelia, diventa esplicito e quasi da sermone, e culmina in un passo biblico mostrato sullo schermo. Questa scelta stilistica stona con la prima parte del film, secondo me.
Il finale di The Trail vede Amelia affrontare la sua ultima prova: l'attraversamento di un fiume impetuoso. Non è più la donna timorosa dell'inizio. È una sopravvissuta forgiata dalle avversità, con un bambino che dipende da lei.
Il fiume è l'ultima barriera fisica e simbolica tra il suo passato e il suo futuro. "Il primo passo è sempre il più difficile", dice, una frase che riassume l'intero suo percorso.
Dopo aver superato anche questo ostacolo, il film si conclude con un discorso in cui Amelia riassume tutto ciò che ha imparato: la scoperta della propria forza, la comprensione che la vera fede non è passiva ma attiva, e la consapevolezza di essere l'unica artefice del proprio destino.
Sebbene il monologo possa sembrare ridondante, serve a cementare la sua trasformazione. Non sappiamo esattamente dove andrà, ma sappiamo chi è diventata: non più la moglie di Levi, ma Amelia, una pioniera a pieno titolo, la cui più grande scoperta non è stata l'oro, ma se stessa.
Nonostante i suoi difetti nel finale, The Trail rimane un'opera prima promettente e un'aggiunta preziosa a un genere che ha un disperato bisogno di nuove prospettive. Da non perdere.