Se pensi di aver già visto tutto in tema di thriller psicologici e fantascientifici, "Elizabeth Harvest" ti smentisce al primo colpo. Il film del 2018 diretto da Sebastian Gutiérrez ha fatto parlare di sé per la sua atmosfera raffinata, per la casa futuristica che sembra uscita da una rivista di architettura e, soprattutto, per un finale che lascia lo spettatore sospeso tra shock e liberazione.
Presentato in anteprima al South by Southwest a marzo 2018 e uscito negli Stati Uniti ad agosto dello stesso anno, il film ha conquistato gli appassionati di cinema con un mix di eleganza visiva e tensione da brividi.
Al centro della storia c’è Elizabeth, interpretata da Abbey Lee, una giovane sposa catapultata in una vita di lusso e misteri dopo le nozze con l’enigmatico scienziato Henry (Ciarán Hinds). Dietro i gioielli e gli abiti da sogno, però, si nasconde un segreto che ribalta tutte le regole del rapporto di coppia.
Scopri di più e attento agli spoiler!
Uno degli elementi che rendono "Elizabeth Harvest" così magnetico è senza dubbio l’ambientazione. Non stiamo parlando della solita villa hollywoodiana, ma di una *casa modernista immersa nelle Ande, nei dintorni di Bogotá, in Colombia. Un vero gioiello architettonico che Sebastian Gutiérrez ha definito una fortuna inaspettata:
Il contrasto tra gli interni ultramoderni e il paesaggio naturale e selvaggio delle montagne crea un effetto quasi surreale. La villa diventa un personaggio a sé, simbolo della gabbia dorata in cui Elizabeth è intrappolata.
Un set che non solo arricchisce l’estetica, ma amplifica il senso di isolamento e controllo che pervade la pellicola.
La storia parte in modo quasi fiabesco: Elizabeth arriva nella nuova casa con il marito Henry, che le concede libertà assoluta… tranne per una porta proibita nel seminterrato. Il divieto, si sa, rende tutto più irresistibile. E infatti la curiosità di Elizabeth la spinge ad aprire quella porta, scoprendo l’inimmaginabile: cloni di se stessa custoditi come bambole di lusso.
Da qui il tono del film cambia: Henry, rivelatosi ossessionato dal rivivere la sua prima notte di nozze con repliche perfette della moglie morta, uccide brutalmente Elizabeth. Ma il gioco si ripete. Sei settimane dopo, un’altra Elizabeth arriva nella stessa casa, ignara di essere solo l'ennesima di una serie di repliche. Anche questa volta la verità emerge, ma la nuova Elizabeth ribalta la situazione e riesce a uccidere Henry.
Il diario della governante Claire svela l’orrore: Henry e Claire hanno creato sei cloni, e perfino Oliver, il figlio cieco, non è altro che un clone dello stesso Henry, mutilato per gelosia. Una catena di segreti che trasforma ogni personaggio in una pedina di un gioco malato, dove amore e scienza si intrecciano in un incubo sofisticato.
Il climax del film arriva con l’arrivo della sesta e ultima Elizabeth. Confusa e manipolata da Oliver, uccide accidentalmente il clone di Henry e ferisce mortalmente la quinta versione di sé stessa. Prima di morire, quest’ultima la invita a leggere il diario di Claire e a scoprire la verità.
Ed è qui che il ciclo si spezza: l’ultima Elizabeth comprende di non essere semplicemente una copia, ma una creatura che può scrivere il proprio destino. Dopo aver affrontato la realtà delle sue origini, sceglie di lasciare la casa e di cominciare una nuova vita. Una chiusura amara e liberatoria al tempo stesso: Henry, prigioniero della sua ossessione, ha perso tutto; Elizabeth, pur nata da un esperimento, conquista finalmente la libertà.
Il messaggio del finale è forte: non importa da dove veniamo o chi ci ha "creati", conta solo la consapevolezza di sé e la capacità di scegliere la propria strada. Un colpo di scena che ha fatto discutere e che ancora oggi alimenta forum e articoli di analisi.
Se la storia è già intrigante, il cast aggiunge un tocco di classe. Abbey Lee, ex modella australiana, porta sullo schermo un mix di fragilità e determinazione che incanta. Ciarán Hinds, volto noto di "Il Trono di Spade" e mille altre produzioni, regala a Henry un’aura inquietante e magnetica. Accanto a loro troviamo Carla Gugino, veterana del cinema thriller e horror, e Matthew Beard nei panni di Oliver, figura tragica e disturbante.
Un dettaglio curioso: Gutiérrez, oltre a dirigere, ha anche scritto la sceneggiatura, costruendo una sorta di omaggio dark al mito di "Barbablù", rivisitato in chiave fantascientifica. E la scelta delle location colombiane non è stata solo estetica: ha permesso di girare con un budget contenuto ma con un impatto visivo da grande produzione internazionale.