22 Sep, 2025 - 11:13

“Definisci bambino”: dalla provocazione al simbolo di una protesta nazionale

In collaborazione con
A cura di Chiara Bollo
“Definisci bambino”: dalla provocazione al simbolo di una protesta nazionale

Chi è, davvero, un bambino? La definizione più semplice – quella del vocabolario Garzanti – parla di “essere umano nell’età compresa tra la nascita e l’adolescenza”. Eppure, a volte, una parola che sembra limpida scatena un dibattito feroce. È accaduto nei giorni scorsi, quando in diretta televisiva la frase “Definisci bambino” è stata usata come provocazione durante un confronto sui morti a Gaza, trasformandosi in un caso mediatico che ha oltrepassato i confini dello studio televisivo.

Il dibattito che ha infiammato i social

Durante la trasmissione “È sempre Cartabianca”, in una momento dedicato al conflitto israelo-palestinese, l’attivista israeliano Eyal Mizrahi ha chiesto al conduttore e agli ospiti di “definire bambino”, in risposta alle accuse di genocidio mosse contro Israele. Le sue parole, pronunciate mentre si parlava delle vittime civili a Gaza, hanno indignato il pubblico e scatenato la reazione immediata di Enzo Iacchetti, storico conduttore di Striscia la Notizia e ospite della trasmissione, che ha interrotto il dialogo definendo l’affermazione “inaccettabile”.

Per molti, quella frase suona come un tentativo di victim blaming: spostare l’attenzione dalla tragedia dei piccoli morti sotto le bombe a un cavillo semantico. I social network hanno amplificato l’eco dello scontro, facendo rimbalzare il video e trasformando la domanda “Definisci bambino” in un hashtag virale, simbolo di protesta contro chi minimizza le vittime civili.

Chi è Eyal Mizrahi?

Nato e cresciuto in Israele, attualmente Presidente della Federazione Amici di Israele, Eyal Mizrahi è un attivista e commentatore spesso invitato nei talk italiani per offrire la prospettiva israeliana sul conflitto in atto. Le sue posizioni, a tratti provocatorie, hanno già attirato critiche in passato. Questa volta, però, l’effetto è stato dirompente: le sue parole sono state percepite come un tentativo di negare l’evidenza delle vittime innocenti, alimentando un’ondata di indignazione che ha coinvolto giornalisti, opinionisti e semplici utenti.

La bara bianca che parla più di mille commenti

A trasformare l’indignazione in un potente messaggio visivo è stata Taffo, l’agenzia funebre nota per le sue campagne social irriverenti. Con un post essenziale – l’immagine di una piccola bara bianca accompagnata dalla scritta “Definisci bambino” – l’azienda ha colpito nel segno. Niente slogan aggressivi, solo un’immagine che non lascia scampo, diventata virale nel giro di poche ore e ripresa da testate nazionali come Il Mattino e Fanpage. Quel semplice gesto di comunicazione ha reso tangibile l’assurdità della domanda: non servono definizioni quando di mezzo ci sono vite spezzate.

La vicenda mette in luce un tema più ampio: quanto le parole possano ferire, manipolare o spostare l’attenzione. Parlare di “definizioni” mentre si contano vittime innocenti significa rischiare di disumanizzare la tragedia. Come ricorda la linguistica, il termine “bambino” non lascia spazio a interpretazioni. È un essere umano nel momento più fragile della vita. In un’epoca in cui i social trasformano ogni frase in un’arma e ogni immagine in un manifesto, la domanda “Definisci bambino” resta impressa come un avvertimento: le parole contano, e a volte basta una sola, pronunciata nel contesto sbagliato, per accendere un dibattito globale.

A cura di Chiara Bollo

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