Visibilmente commosso, il conduttore di "Jimmy Kimmel Live!" ha usato il suo monologo di ritorno all'ABC per affrontare la controversia che ha portato alla sospensione improvvisa del suo show.
Un caso che intreccia satira, politica e la crescente pressione sulla libertà di parola nella televisione americana.
Un silenzio quasi irreale ha accolto Jimmy Kimmel nel suo studio martedì sera. Un silenzio rotto solo dagli applausi di un pubblico che attendeva risposte. Dopo quasi una settimana di assenza forzata, il conduttore è tornato in onda, ma non era il solito Kimmel.
Al posto delle battute taglienti, il suo monologo di apertura è stato un esercizio di vulnerabilità e fermezza, un discorso interrotto più volte dalla commozione, mentre affrontava la bufera mediatica che lo ha travolto.
Ecco cos'ha detto il presentatore in diretta.
Al centro della controversia, le sue parole del 15 settembre sull'omicidio dell'attivista conservatore Charlie Kirk.
Kimmel, nel suo stile satirico, aveva definito l'assassino, il ventiduenne Tyler Robinson, come "uno di loro", riferendosi alla frangia più estrema del movimento MAGA. Un commento che ha acceso una miccia in un'America già politicamente polarizzata.
"Non mi faccio illusioni di poter far cambiare idea a nessuno", ha esordito Kimmel, con la voce già incrinata. "Ma voglio chiarire una cosa, perché per me è importante come essere umano. Non è mai stata mia intenzione sminuire l'omicidio di un giovane".
Ha proseguito, prendendosi delle pause per ricomporsi: "Non credo ci sia niente di divertente in tutto questo". Il conduttore ha fatto riferimento a un suo post pubblicato il giorno della tragedia, in cui esprimeva cordoglio e vicinanza alla famiglia Kirk, sottolineando come quel sentimento fosse e rimanga sincero.
Con un'onestà rara per un palco abituato alla comicità, Kimmel ha ammesso di comprendere la rabbia di una parte del pubblico. "Capisco che per alcuni sia sembrato inopportuno o poco chiaro. E per chi pensa che io abbia puntato il dito... capisco perché siete arrabbiati. Se la situazione fosse stata invertita, ci sono buone probabilità che la pensassi allo stesso modo".
Il suo ritorno ha messo fine a un periodo di incertezza iniziato il 17 settembre, quando la ABC ha preso la drastica decisione di sospendere "a tempo indeterminato" la produzione dello show.
In un comunicato, la rete ha spiegato di aver agito "per evitare di infiammare ulteriormente una situazione di tensione", definendo alcuni commenti "insensibili". La decisione, tuttavia, non è arrivata nel vuoto.
A fare pressione sono stati due colossi del broadcasting americano, Nexstar Media Group e Sinclair Broadcast Group, che gestiscono numerose emittenti affiliate alla ABC e che avevano minacciato di non trasmettere più il programma. Sinclair, in particolare, aveva avanzato richieste precise per il reintegro di Kimmel, tra cui scuse formali e una donazione alla famiglia della vittima.
La polemica ha rapidamente trasceso il mondo dei media e ha attirato l'attenzione della politica ai massimi livelli.
Il commissario della FCC, Brendan Carr, ha definito il comportamento di Kimmel "disgustoso", ventilando la possibilità di un'indagine ufficiale. "Hanno una licenza concessa da noi", ha ricordato Carr, "e questo comporta l'obbligo di operare nell'interesse pubblico".
Anche l'ex presidente Donald Trump ha commentato la vicenda su Truth Social, esultando per la cancellazione dello show e definendo il conduttore "senza talento".
Fonti vicine alla produzione, citate dal Daily Mail, hanno descritto un Kimmel "furioso" e "incazzato" per la decisione della rete, arrivando a ipotizzare che stesse cercando un modo per rescindere il suo contratto.
A sostegno del conduttore si è mosso anche un pezzo importante di Hollywood: star del calibro di Ben Affleck e Jennifer Aniston hanno firmato una lettera aperta definendo la sospensione "un momento buio per la libertà di parola".
Ora Kimmel è di nuovo al suo posto. Ma molti credono questa sia una sconfitta enorme per la libertà di parola, perché lo vedono cambiato e sottomesso alle logiche di potere.
Il suo monologo non è stato solo un'ammissione di colpa parziale, ma anche un atto di sfida. Resta da vedere se le sue parole basteranno a placare le polemiche e a ricucire lo strappo con una parte del suo pubblico e, soprattutto, con i potenti gruppi media che ne avevano chiesto la testa.
Il caso Kimmel è diventato un simbolo delle complesse dinamiche che regolano l'informazione e la satira oggi: un equilibrio precario tra responsabilità editoriale, interessi commerciali e un dibattito pubblico sempre più incandescente, dove ogni parola può diventare un pretesto per la battaglia successiva.