Dopo cinque giornate di campionato e una vittoria contro il Napoli campione d'Italia da parte del suo Milan, gli juventini e gli opinionisti Tv che lo odiavano iniziano ad apprezzarlo.
E allora siccome aspettavo da tempo che potesse accadere tutto questo, voglio ricordare loro: "in fondo, Max Allegri è come certi piatti della nonna: tutti lo danno per superato, ma quando lo assaggi capisci che è sempre quello che ti fa stare bene".
Per anni ci hanno ripetuto la solita solfa: “Allegri è bollito, Allegri è superato, Allegri non capisce il calcio moderno”. Nel teatrino dei giochisti vs risultatisti, Max era sempre il cattivo della storia. Mentre Guardiola veniva dipinto come il profeta, Allegri era il dinosauro buono solo a vincere 1-0 con il famoso “corto muso”.
E infatti, per tutto l’ultimo triennio juventino, è stato preso a pesci in faccia: ogni volta che strappava un pareggio di sacrificio, i social esplodevano con l’hashtag #AllegriOut e i meme del “corto muso” come se fosse una barzelletta.
Alla Juve, Max era diventato il simbolo del calcio “vecchio stile”:
Vittoria sporca? “È fortuna, mica merito suo”.
Partita brutta? “Ecco il suo calcio da provinciale”.
Sconfitta? “Ve l’avevo detto, è finito”.
Mai una volta che qualcuno, tra juventini protestanti e pseudo-opinionisti, considerasse il contesto: squadra in crisi societaria, rosa da rifondare e ambiente spaccato. Ma si sa, quando si cerca un colpevole, è più facile prendersela con l’allenatore.
Ed ecco la magia: Allegri torna al Milan e improvvisamente diventa di nuovo un genio della panchina.
Lo stesso che veniva accusato di essere “un paracarro del pallone”, oggi è celebrato come il maestro di pragmatismo. Basta un 1-0 di rimpallo a San Siro per far gridare alla “lezione di tattica”.
E i tifosi? Gli stessi che ieri lo prendevano in giro, oggi lo esaltano come se fosse il reincarnato di Ancelotti. Alla faccia della coerenza.
Allegri resta il bersaglio preferito della diatriba infinita:
Per i giochisti, è ancora l’anti-calcio, il guastafeste del “bel gioco”.
Per i risultatisti, è il loro idolo immortale: quello che ti fa vincere anche quando non dovresti.
Il bello è che molti ex-critici oggi lo difendono con passione, solo perché i suoi punti servono al Milan. Da “bollito” a “condottiero”, il passo è breve.
La storia ci ha insegnato che ogni volta che lo dai per spacciato, Allegri torna. Non con tiki-taka, non con il calcio champagne, ma con quello che gli riesce meglio: vincere.
E nel calcio italiano, inutile girarci intorno, conta più vincere che filosofeggiare.
Perciò, la prossima volta che qualcuno dice “Allegri è bollito”, fatevi un appunto: tra sei mesi potrebbe essere di nuovo celebrato come il salvatore della patria.