06 Oct, 2025 - 14:11

Spiegato, dallo stesso regista, il finale inquietante di Monsters: Ed Gein

Spiegato, dallo stesso regista, il finale inquietante di Monsters: Ed Gein

La terza stagione della controversa antologia di Ryan Murphy, Monster, ha chiuso il suo capitolo dedicato a Ed Gein, una delle figure più disturbanti e influenti nella storia del crimine americano.

L'epilogo, diretto da Max Winkler, non si è limitato a narrare la fine della vita del "Macellaio di Plainfield", ma ha orchestrato un complesso e inquietante affresco psicologico, culminato in due sequenze chiave: un'onirica caccia a Ted Bundy e una scena finale tanto quieta quanto devastante.

Attraverso le parole dello stesso regista, emerge una chiara visione artistica volta a decodificare, e non a giustificare, la genesi di un orrore così profondo.

Il finale di Ed Gein spiegato dal regista

Il finale accompagna lo spettatore negli ultimi istanti di coscienza di Gein, interpretato da un Charlie Hunnam sratosferico, completamente immerso nel personaggio.

In questo crepuscolo mentale, la narrazione abbandona il realismo per addentrarsi nel subconscio del protagonista. L'atto conclusivo si articola attorno a una battuta sussurrata e a un confronto simbolico, due elementi che, secondo Winkler, costituiscono la chiave di lettura dell'intera opera.

Il "Bocciolo di Rosa" sulla veranda: l'ultima parola della madre

L'ultima inquadratura della serie è un'immagine apparentemente serena: Ed Gein è seduto sulla veranda di casa accanto a sua madre, Augusta (una magistrale Laurie Metcalf).

La luce del mattino avvolge la scena, ma la quiete è infranta dalla frase finale che lei gli rivolge: "Solo una madre potrebbe amarti". Winkler definisce questo momento il "Bocciolo di Rosa" di Gein, un riferimento diretto al capolavoro di Orson Welles, Quarto Potere.

Come la parola "Rosebud" per Charles Foster Kane, questa frase non è una dichiarazione d'affetto, ma la sintesi cruda e definitiva della prigione psicologica in cui Gein è stato rinchiuso per tutta la vita.

È la verbalizzazione di un legame tossico, un amore possessivo e castrante che lo ha definito, isolato dal mondo e, infine, distrutto. Questa battuta finale, spiega il regista, era un punto fermo nella sua visione, l'ancora emotiva su cui doveva chiudersi la narrazione.

La sua realizzazione, tuttavia, è stata quasi casuale: la scena è stata girata l'ultimo giorno di riprese, in modo quasi improvvisato, con oggetti di scena portati da casa dall'attrice. Questa spontaneità produttiva ha contribuito a infondere nell'inquadratura una verità spettrale, sigillando il destino di Gein sotto il giogo eterno della figura materna, la vera e unica radice del suo male.

Il contrasto con il male assoluto: perché includere Ted Bundy?

Prima di questa scena finale, la serie compie una scelta narrativa audace, inserendo una sequenza onirica in cui Gein collabora con l'FBI per catturare Ted Bundy. Questa deviazione dalla biografia storica ha uno scopo preciso e stratificato.

Winkler chiarisce che l'intenzione non era creare un crossover grottesco, ma stabilire un metro di paragone per la natura del male.

Se la serie ritrae Gein come un individuo profondamente disturbato, un prodotto mostruoso di abusi e traumi indicibili, Bundy viene presentato come l'incarnazione del "male puro".

Ted Bundy, nella visione della serie, rappresenta un orrore privo di movente psicologico apparente, un predatore lucido la cui malvagità non sembra affondare le radici in un retroscena traumatico. È il male fine a se stesso.

Per sottolineare questa distinzione, Winkler ha girato la sequenza di Bundy con uno stile completamente diverso: fotografia cupa, assenza di musica, un'atmosfera opprimente che contrasta con il resto della narrazione.

La battuta di un allucinato Charles Manson, "Abbiamo preso Bundy, stronzo!", serve a creare una bizzarra gerarchia dell'orrore: persino nella mente contorta di Gein, popolata dai peggiori criminali, Bundy rappresenta un livello di depravazione inavvicinabile.

Questa scelta solleva inevitabilmente un dibattito etico sulla "umanizzazione" di un serial killer come Ed Gein. Tuttavia, l'intento della serie sembra essere non quello di suscitare simpatia, ma di esplorare la differenza tra un male che nasce e si sviluppa in un terreno di sofferenza e un male che appare come un'aberrazione inspiegabile.

Il processo creativo di questa stagione

Il processo creativo dietro queste scene finali, come rivelato da Winkler, è stato tutt'altro che semplice.

La giornata di riprese è stata una delle più lunghe e complesse, coincisa peraltro con il compleanno di Hunnam, e ha richiesto uno sforzo produttivo enorme per garantire che ogni dettaglio fosse perfetto.

Questa dedizione testimonia la volontà di non lasciare nulla al caso nel costruire un finale che non fosse solo una conclusione, ma una tesi sull'abisso della psiche umana.

Attraverso la lente di Winkler, il finale di Monster: The Ed Gein Story ci costringe a guardare oltre l'atto mostruoso, per interrogarci sulle sue origini, distinguendo l'orrore che si può, forse, comprendere da quello che rimane un enigma oscuro e impenetrabile.

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