07 Oct, 2025 - 12:24

Il confine della pazzia: di cosa parla Delirium, inquietante horror su Netflix

Il confine della pazzia: di cosa parla Delirium, inquietante horror su Netflix

La Blumhouse è nota per aver ridefinito l'horror moderno con successi a basso budget. Dietro i vari successi, però, si nascondono occasionalmente opere più piccole e ambiziose che, per varie ragioni, non raggiungono il grande pubblico.

Delirium, diretto da Dennis Iliadis e uscito nel 2018 dopo una lunga gestazione, è un perfetto esempio di questo fenomeno: un thriller psicologico che brilla per la sua premessa e per la performance del suo protagonista, ma che inciampa in una crisi d'identità narrativa che ne compromette il pieno potenziale.

Adesso puoi vederlo su Netflix e farti una tua idea. Scendiamo nei dettagli.

Di cosa parla Delirium

Prima di tutto guarda il trailer:

Il film si apre con una premessa potente e carica di tensione. Tom, interpretato da un eccellente Topher Grace, viene dimesso da un istituto psichiatrico dopo vent'anni di reclusione per un crimine commesso in gioventù.

La sua libertà, tuttavia, è condizionale: per dimostrare la sua stabilità mentale e reintegrarsi nella società, deve trascorrere trenta giorni agli arresti domiciliari. Il luogo di questa prova non è una casa qualunque, ma la vasta e inquietante villa di famiglia, la stessa in cui suo padre si è tolto la vita solo pochi giorni prima del suo rilascio.

La vera forza di Delirium risiede nel suo nucleo psicologico. Tom non è un protagonista affidabile. Nonostante la terapia farmacologica, soffre ancora di vivide e terrificanti allucinazioni che deformano la sua percezione della realtà.

Il regista Dennis Iliadis (già apprezzato per il remake de L'ultima casa a sinistra) è magistrale nel tradurre questa instabilità in un'esperienza visiva per lo spettatore.

Per tutta la prima metà del film, siamo intrappolati nella mente di Tom, costretti a interrogarci costantemente: il cadavere del padre che riappare in decomposizione è reale? L'inquietante fratello, che non dovrebbe essere fuori di prigione, è davvero lì? O sono solo frammenti di un trauma che riemerge?

La prima parte del film funziona alla perfezione

In questa fase, il film funziona magnificamente come un omaggio moderno a classici della paranoia come Repulsion di Roman Polanski.

Topher Grace offre una performance empatica e stratificata e riesce a trasmettere non solo la paura, ma anche la disperata lucidità di un uomo che lotta per aggrapparsi a una realtà che si sta sgretolando.

Il suo isolamento è rotto solo da due figure esterne: la gentile fattorina Lynn (Genesis Rodriguez), che funge da suo unico, fragile legame con il mondo esterno, e la sua severa agente di libertà vigilata (Patricia Clarkson), che, in una mossa sadica, gli confisca i farmaci, gettandolo ulteriormente nel caos.

È proprio quando questa atmosfera di incertezza claustrofobica raggiunge il suo apice che il film compie una svolta tanto audace quanto problematica.

La seconda metà di Delirium abbandona quasi completamente la premessa dell'"è reale o è un'allucinazione?". La sceneggiatura decide improvvisamente di fornire risposte concrete, catapultando la storia in un finale contorto, assurdo e, a suo modo, sorprendentemente divertente.

L'atto conclusivo è un tripudio di colpi di scena esagerati che, presi singolarmente, hanno il merito di essere imprevedibili e audaci.

Tuttavia, il cambio di tono è così drastico da creare una frattura insanabile all'interno del film. La tensione psicologica meticolosamente costruita viene sacrificata sull'altare di un thriller più convenzionale, seppur folle.

Lo stato mentale di Tom, che era il motore tematico ed emotivo della narrazione, viene retrocesso a mero espediente narrativo. Come nel thriller Unsane di Steven Soderbergh, l'instabilità del protagonista viene utilizzata per generare suspense, per poi essere convenientemente messa da parte quando la trama richiede una risoluzione chiara.

Questa scelta lascia nello spettatore una sensazione di insoddisfazione. Dopo essere stati invitati a dubitare di tutto, ci viene chiesto di accettare gli eventi finali come verità assoluta, senza che il film si sia "guadagnato" questo passaggio.

Manca un ultimo, ambiguo colpo di scena che avrebbe potuto legare insieme le due anime del film in modo più coeso e soddisfacente.

Nonostante questo difetto strutturale, Delirium rimane una visione affascinante. La regia di Iliadis è solida e la performance di Grace è tra le migliori della sua carriera.

Per chi è disposto ad accettare le sue imperfezioni, il film offre un'esperienza intrigante. 

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