L’immunità parlamentare di Ilaria Salis è stata ufficialmente confermata dal Parlamento europeo il 7 ottobre 2025, garantendole la tutela dall’estradizione e dall’eventuale processo penale richiesto dalle autorità ungheresi.
La giornata del 7 ottobre è stata cruciale: a Strasburgo, la plenaria dell’Europarlamento ha confermato con un solo voto di scarto l’immunità dell’eurodeputata di Alleanza Verdi-Sinistra. Su 628 presenti, 306 hanno votato per mantenere l’immunità, 305 contrari e 17 si sono astenuti.
Questa decisione segue la precedente raccomandazione della Commissione Affari giuridici, che già il 23 settembre aveva suggerito di respingere la richiesta ungherese rilevando la presenza di un “fumus persecutionis”: ovvero, il rischio concreto che le accuse a carico di Salis avessero una matrice politica, mirata a ostacolarne l’attività parlamentare.
L’esito del voto è stato influenzato anche dal comportamento di alcuni membri del Partito Popolare Europeo, che hanno deciso di non seguire la linea ufficiale del gruppo, favorendo di fatto la difesa dell’immunità di Salis. La scelta è stata accolta con applausi e manifestazioni di solidarietà da parte dei colleghi eurodeputati.
La richiesta di revoca giungeva dal governo ungherese guidato da Viktor Orbán, che accusa Ilaria Salis di lesioni gravi nell’ambito di una manifestazione antifascista a Budapest del 2023 e di associazione a delinquere. Salis era stata arrestata in Ungheria e aveva trascorso oltre un anno in carcere fino alla sua elezione all’Europarlamento nel giugno 2024, che le aveva assicurato il ritorno in libertà proprio grazie all’immunità.
Per il governo ungherese, la vicenda resta un caso esemplare di “impunità per motivi politici”, tanto che fonti vicine a Orbán hanno già preannunciato possibili ricorsi alla Corte di giustizia europea, in quanto ritengono che la procedura non rispetti le regole UE.
La conferma dell’immunità implica che, allo stato attuale, Ilaria Salis non potrà essere processata per i fatti contestati in Ungheria. La procedura di estradizione, che in caso di revoca poteva essere avviata anche dalle autorità italiane, viene definitivamente congelata fino alla fine del mandato parlamentare; di fatto Salis esce dal pericolo immediato di un nuovo arresto o una condanna nei tribunali magiari.
Tuttavia, due scenari restano possibili: l’Ungheria può provare a impugnare la decisione di Strasburgo davanti alla Corte europea di Giustizia, anche se la prassi mostra che le decisioni della Commissione Affari giuridici e dell’aula plenaria sono molto difficili da ribaltare.
Inoltre, in caso Salis dovesse dimettersi o decadere dal mandato europeo, la protezione cesserebbe immediatamente e il procedimento nei suoi confronti potrebbe riaprirsi, ma dovrebbe essere nuovamente rinviata a giudizio.
Gli avvocati italiani di Ilaria Salis, Eugenio Losco e Mauro Straini, hanno infatti chiarito che la dichiarazione del giudice del tribunale di Budapest sull’interruzione del processo contro la loro assistita in caso di conferma dell’immunità parlamentare, implica che il procedimento ora in corso non potrà proseguire nei suoi confronti.
In questo scenario, il dibattimento proseguirà solo per gli altri coimputati di nazionalità tedesca, mentre la posizione della Salis verrà separata. Tuttavia, ciò non esclude la possibilità che il tribunale ungherese possa in futuro riattivare l’azione penale contro di lei.
Secondo quanto sottolineato dagli stessi legali, benché sia possibile che il processo attualmente in corso giunga a sentenza prima della scadenza del mandato di Ilaria Salis, qualora venisse meno l’immunità parlamentare – per esempio alla fine del mandato – la procura ungherese potrebbe emettere una nuova citazione e intentare nuovamente il procedimento a suo carico.
Il motivo dell’eventuale annullamento del processo è puramente tecnico. Come ha spiegato l’avvocato Gyorgy Magyar, che difende Salis in Ungheria, dato che l’immunità non è stata revocata, diventa inutile portare avanti il processo per quella posizione. Tuttavia, la procura conserva sempre la possibilità di riaprire il caso qualora in futuro decadano le prerogative europee.