Play Dirty, il nuovo thriller d'azione con Mark Wahlberg, al primo posto tra i film più visti su Prime Video, costruisce un intreccio complesso che culmina in un finale ricco di rivelazioni e colpi di scena.
Il film, che vede protagonista il ladro professionista Parker, si sviluppa attorno a un piano apparentemente semplice: rubare la "Signora di Arintero", una preziosissima polena di una nave spagnola, prima che il boss mafioso Lozini (Tony Shalhoub) possa venderla al miliardario Phineas Paul (Chuckwudi Iwuji). Tuttavia, come ogni buon heist movie insegna, il vero obiettivo è spesso molto più personale e stratificato.
Uno dei momenti più tesi e discussi del finale riguarda il confronto tra Parker e Zen (Rosa Salazar). Per gran parte del film, il movente apparente di Parker è la vendetta per la morte di un suo socio, Philly, un debito che lo obbliga a eliminare i responsabili.
Questa promessa lo porta a puntare una pistola contro Zen nella sua stanza d'albergo, dopo il successo della rapina. La tensione è palpabile: Parker le offre da bere, la camera si sposta all'esterno e uno sparo riecheggia secco.
Subito dopo, Parker esce dalla stanza, appende un cartello "Non disturbare" alla porta e se ne va, lasciando intendere di aver compiuto la sua missione di vendetta. Ma è davvero così?
La regia sceglie volutamente di non mostrare la scena. Non vediamo il corpo di Zen, né l'atto dell'omicidio. Questa omissione è significativa e apre a diverse interpretazioni.
Nel linguaggio cinematografico, un personaggio non è mai definitivamente morto finché non se ne vede il cadavere.
La scelta di Play Dirty di lasciare questo punto in sospeso potrebbe essere una semplice convenzione narrativa o, più probabilmente, una porta lasciata aperta per un potenziale sequel.
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Il personaggio di Parker è costruito su un'ambiguità morale. È spietato, pragmatico e non esita a sacrificare chiunque si metta sulla sua strada. Eppure, in alcuni momenti, dimostra un inaspettato barlume di compassione. Questa dualità rende plausibile l'ipotesi che non l'abbia uccisa.
Forse lo sparo era un avvertimento, un colpo non letale per saldare il suo debito d'onore senza toglierle la vita. Se l'intenzione fosse stata quella di eliminarla definitivamente, il film, che non si fa scrupoli nel mostrare la violenza di Parker, avrebbe probabilmente mostrato la scena per intero.
Il destino di Zen, quindi, rimane uno dei più grandi interrogativi del film.
La rivelazione più sorprendente del finale riguarda le vere intenzioni di Parker. La sua decisione di far esplodere la "Signora di Arintero", un tesoro del valore di 500 milioni di dollari, appare inizialmente come un fallimento catastrofico.
Dopo un elaborato scambio di esche e un inseguimento con la mafia, Parker riesce a recuperare la vera polena, solo per farla saltare in aria davanti agli occhi increduli di Lozini.
È in questo momento che il suo vero piano viene a galla. Grazie a una precedente rapina all'ippodromo, Parker aveva scoperto che "The Outfit", l'organizzazione criminale di Lozini, era sull'orlo della bancarotta. La vendita della polena era l'unica ancora di salvezza per la mafia.
L'obiettivo di Parker non è mai stato l'arricchimento personale, ma la distruzione totale del suo nemico. Facendo esplodere il tesoro e uccidendo Lozini, non solo sventa il piano di salvataggio, ma smantella l'intera organizzazione, garantendosi la libertà e la possibilità di tornare a New York.
Ma le sue ambizioni non si fermano qui. Prima del confronto finale, Parker fa trapelare una registrazione audio che incrimina il dittatore De La Cruz, il quale aveva rubato i tesori nazionali del suo paese (una nazione non specificata).
Questa mossa porta alla sua destituzione e permette a Ortiz, un leader più giusto, di salire al potere. Questo atto, compiuto per aiutare il popolo di Zen, suggerisce che, nonostante la sua facciata cinica, Parker abbia sviluppato un legame con lei.
I gioielli che riesce a recuperare dalla polena prima dell'esplosione non li tiene per sé, ma li consegna alla vedova di Philly, onorando la sua promessa in un modo diverso. Alla fine, l'unica cosa che Parker voleva veramente era la libertà, e ha orchestrato una rapina non per rubare un oggetto, ma per rubare il futuro ai suoi avversari.
Play Dirty è basato sulla longeva serie di romanzi di Donald E. Westlake (scritti con lo pseudonimo di Richard Stark), il che ci fa capire che c'è un vasto materiale di partenza per un potenziale franchise.
Tuttavia, il finale del film è sorprendentemente autoconclusivo. Non ci sono cliffhanger o indizi diretti su una prossima avventura.
Sebbene la storia di Parker e del suo socio Grofield (LaKeith Stanfield) possa certamente continuare, il film funziona perfettamente come opera a sé stante. La decisione di un sequel dipenderà, come sempre, dalla risposta del pubblico. La possibilità di risolvere il mistero del destino di Zen o di esplorare i personaggi secondari come Grofield rimane una carta che i produttori potranno giocare in futuro.