07 Oct, 2025 - 16:43

Israele attacca anche il cardinale Parolin: l’assurda accusa di ‘compromettere la pace'

Israele attacca anche il cardinale Parolin: l’assurda accusa di ‘compromettere la pace'

L'ambasciata di Israele presso la Santa Sede reagisce all'intervista rilasciata dal segretario di Stato Vaticano, il cardinale Parolin. Si tratta di una presa di posizione netta, affidata a un comunicato pubblicato su X che, per la sua durezza, rischia di complicare ulteriormente i rapporti tra Vaticano e Tel Aviv, già tesi negli ultimi mesi.

In circa dieci righe, l'ambasciata commenta l'intervista di Parolin ai media vaticani, sottolineando come, "seppur benintenzionata", essa rischi di "compromettere gli sforzi sia per porre fine alla guerra a Gaza sia per contrastare l'aumento dell'antisemitismo".

Ambasciata israeliana reagisce all’intervista di Parolin

Nel messaggio, l’ambasciata israeliana critica Parolin, accusandolo di essersi concentrato “sulla critica a Israele”, trascurando invece la condotta di Hamas, che “rifiuta di liberare gli ostaggi o di fermare la violenza”.

Ma non è tutto. Israele contesta anche l’uso del termine “massacro” da parte del segretario vaticano, applicato sia “all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre”, sia “al legittimo diritto di Israele all’autodifesa”.

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“Non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli”.

Come se 60mila morti e una guerra durata oltre due anni contro una popolazione civile inerme, ridotta intenzionalmente alla fame come strategia di attacco, potessero essere liquidati come semplice diritto di uno Stato che si peraltro si autodefinisce democratico.

“Ci auguriamo che le future dichiarazioni riflettano questa distinzione”, conclude con fare intimidatorio il messaggio.

Tensioni tra Vaticano e Israele negli ultimi due anni

Un messaggio inviato da un’ambasciata rappresenta sempre un atto di notevole rilevanza diplomatica e politica. Per questo appare significativa la presa di posizione, netta e senza mezzi termini, dell’ambasciata israeliana verso la Santa Sede, soprattutto se si considerano i rapporti tra Vaticano e Tel Aviv da inizio conflitto.

Negli ultimi due anni, tra le voci più autorevoli a livello globale a condannare la guerra indiscriminata e genocidiaria condotta da Israele su Gaza c’è stata quella di Papa Francesco. Una critica serrata quella del pontefice, mai gradita a Israele, tanto che alla sua scomparsa Netanyahu non ha partecipato al funerale né mandato alcun messaggio di cordoglio.

I rapporti tra Israele e Leone XIV

Diversi i rapporti con il nuovo pontefice, Leone XIV. Solo un mese fa, il papa ha ricevuto in Vaticano il presidente israeliano Isaac Herzog.

Un incontro che, al di là delle strette di mano, non è stato privo di tensioni: il giorno prima dell’udienza, la Santa Sede aveva infatti precisato di aver “acconsentito” alla richiesta del presidente, negando dunque un invito, riportando un esito dei colloqui “cordiale”, mentre la diplomazia israeliana ha parlato di incontro “caloroso”.

Difficile ignorare le tensioni, soprattutto dopo luglio, con l’attacco – definito da Israele “un errore di tiro” – alla chiesa della Sacra Famiglia, l’unica parrocchia cattolica latina a Gaza, dove tre persone, tra cui il parroco Padre Romanelli, sono state uccise e altre dieci gravemente ferite.

Parolin ricorda il 7 ottobre

Ma cosa ha detto Parolin, tanto da scatenare la tagliente presa di posizione dell’ambasciata israeliana? Quali sono le “equivalenze morali” bollate come “particolarmente preoccupanti e inappropriate”?

Nell’intervista rilasciata stamattina, il segretario di Stato Parolin è partito proprio dall’anniversario dell’attacco terroristico del 7 ottobre, definendolo “inumano e ingiustificabile” e ricordando come la violenza sia stata perpetrata “nei confronti di bambini, donne, giovani e anziani”.

Parolin ha poi rivolto un pensiero agli ostaggi e alle loro famiglie, sia a coloro che sono morti, sia a quelli ancora “prigionieri nei tunnel e ridotti alla fame”, esortando il mondo a non dimenticarli e auspicando il loro ritorno a casa.

Il cardinale cita le vittime palestinesi

La “critica a Israele” del cardinale Parolin – legittima, evidentemente – che l’ambasciata di Tel Aviv contesta al segretario di Stato, arriva subito dopo. Parolin riconosce il diritto di chi è attaccato – dunque Israele – a difendersi, ma richiama il principio di proporzionalità e, soprattutto, la cornice del diritto internazionale entro la quale anche una barbarie come la guerra dovrebbe svolgersi. 

lI pensiero del cardinale è rivolto alle vittime innocenti della Palestina:

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“Persone uccise mentre cercavano di raggiungere un tozzo di pane, persone rimaste sepolte sotto le macerie delle loro case, persone bombardate negli ospedali o nelle tendopoli, sfollati costretti a spostarsi da una parte all’altra di quel territorio angusto e sovrappopolato… È inaccettabile e ingiustificabile ridurre gli esseri umani a mere ‘vittime collaterali’”.

Il monito contro antisemitismo e discriminazioni

“L’antisemitismo è un cancro da combattere e da estirpare”, prosegue Parolin, ricordando l’orrore della Shoah e il monito affinché simili tragedie non si ripetano mai.

Tuttavia, secondo il cardinale di Stato, se “nessun ebreo deve essere attaccato o discriminato in quanto ebreo, nessun palestinese, per il fatto di essere tale, deve essere attaccato o discriminato perché – come purtroppo si sente dire – ‘potenziale terrorista’”. Altrimenti, ammonisce, “la perversa catena d’odio non porterà a nulla di buono”.

La critica alla guerra di Israele

Il monito è rivolto a Israele, la cui guerra per sconfiggere i miliziani di Hamas “non tiene conto che di fronte ha una popolazione per lo più inerme e ridotta allo stremo, in un’area disseminata di case e palazzi rasi al suolo”.

Ma riguarda anche la comunità internazionale: “che può fare molto di più di ciò che sta facendo; non basta dire che è inaccettabile e poi continuare a permettere che avvenga”. Un esempio concreto: “il continuare a fornire armi che vengono impiegate a discapito della popolazione civile”.

Piano di pace e riconoscimento della Palestina

Sul piano di pace di Trump, il segretario di Stato afferma che “qualunque piano che coinvolga il popolo palestinese nelle decisioni sul proprio futuro e consenta di porre fine a questa strage, liberando gli ostaggi e fermando l’uccisione quotidiana di centinaia di persone, è da accogliere e sostenere”.

A essere ribadita, infine, l’importanza del riconoscimento dello Stato di Palestina – riconosciuto dalla Santa Sede già dieci anni fa, comprendente Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza come territori indipendenti. Una prospettiva a cui, riconosce Parolin, le dichiarazioni e le decisioni israeliane “vanno in direzione opposta”.

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