È bufera sulle parole pronunciate da Massimo Lovati, avvocato difensore di Andrea Sempio, durante un colloquio con Fabrizio Corona, riportate nel format "Falsissimo". Parole che hanno riguardato non solo il caso di Garlasco e la recente inchiesta aperta dalla Procura di Brescia sull'ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, ma anche Yara Gambirasio, la 13enne uccisa a Brembate di Sopra nel 2010.
Mentre parlava con Corona - apparentemente ignaro di essere ripreso - Lovati si è soffermato a lungo sul suo assistito, Andrea Sempio, e sul ruolo dell'ex pm Venditti, oggi indagato per corruzione in atti giudiziari in un'inchiesta parallela a quella per l'omicidio di Chiara Poggi. A far esplodere la polemica è stata però una frase pronunciata sul caso Yara.
In particolare, sulla strategia che, a suo parere, l'avvocato Claudio Salvagni avrebbe dovuto adottare per difendere Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato all'ergastolo per l'omicidio della 13enne, sempre proclamatosi innocente. Se fosse stato al suo posto, ha dichiarato, avrebbe cercato di giustificare la presenza del suo Dna sul corpo della vittima sostenendo che avessero una relazione intima.
Una dichiarazione brutale, percepita da molti come un insulto alla memoria della ragazzina e al dolore della sua famiglia, che ha lasciato di stucco lo stesso Corona. Quando l'ex paparazzo gli ha chiesto se davvero credesse a questa versione, Lovati ha risposto: "Non lo so, io l'avrei difeso così", chiarendo che si trattava di un'ipotesi strategica "alternativa" e non di una convinzione personale.
Il tentativo di Lovati di contestualizzare le sue parole non è bastato a evitare la bufera. Nel giro di poche ore, sui social, tanti hanno rilanciato l'estratto dell'intervista, accompagnandolo a una pioggia di commenti indignati. Tra i primi a reagire, proprio Salvagni, che si è detto sconvolto.
Intervistato dall'AdnKronos, il legale ha parlato di "uno spettacolo orribile, dal punto di vista umano e professionale".
"Massimo Lovati ha buttato fango su Yara, una ragazzina che non si può difendere da parole ignobili", ha affermato, ricordando come il collega non abbia "mostrato rispetto né per la vittima, né per Bossetti, né per la giustizia", senza - tra l'altro - conoscere gli atti del processo.
Dialogando con Corona, Lovati si è concentrato anche sul rapporto con il suo assistito, spiegando di non avere contatti frequenti con lo stesso. E ha poi detto la sua sull'ex procuratore Mario Venditti, che, secondo l'ipotesi accusatoria, avrebbe ricevuto denaro dalla famiglia Sempio per chiedere l'archiviazione della sua posizione.
I fatti risalgono al 2017: da alcuni fogli rinvenuti in casa dei genitore dell'indagato - e da diverse intercettazioni - sarebbero emersi movimenti bancari sospetti, oltre a presunti "contatti opachi" tra Sempio e due ufficiali dei carabinieri.
Il sospetto è che l'uomo possa aver saputo in anticipo delle indagini a suo carico e delle domande che gli sarebbero state rivolte in sede di interrogatorio, riuscendo così a prepararsi per difendersi. Lovati ha definito Venditti "una persona simpatica".
E ha ricordato di averlo conosciuto "alle corse dei cavalli", ammettendo di condividere con lui la passione (o, come ha detto sorridendo, "il vizio") per l'ippica. Frasi che hanno destato ulteriori perplessità, visto il contesto (delicatissimo) dell'attuale indagine.
Sul finire del colloquio, un'altra "rivelazione". Alla domanda di Corona, "Qual è l'alibi di Sempio? Lo scontrino e basta?", Lovati ha risposto:
"Perché è vera?", gli chiede Corona. "Beh", replica l'avvocato. A confermare o smentire questa versione saranno le indagini in corso, che dovranno far luce su diversi elementi. Si attendono sviluppi.