Giorgia Meloni è stata denunciata per “concorso in genocidio” alla Corte penale internazionale (CPI). Insieme a lei risultano denunciati i ministri Guido Crosetto e Antonio Tajani, oltre all’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani.
A rendere nota la vicenda è stata la stessa premier, durante l’intervista rilasciata ieri a Bruno Vespa nel programma Porta a Porta.
La denuncia contro Meloni e alcuni membri del governo era stata annunciata dal gruppo Giuristi e Avvocati per la Palestina.
Al momento, però, non esiste alcun provvedimento ufficiale presso la Corte: una denuncia presentata da associazioni o cittadini presso la CPI non comporta automaticamente l’apertura di un’indagine. La decisione di procedere, infatti, spetta esclusivamente al Procuratore della Corte penale internazionale.
Per comprendere il significato della denuncia nei confronti di Giorgia Meloni e capire cosa potrebbe accadere ora, è utile ripercorrere brevemente il funzionamento della Corte penale internazionale.
La CPI, con sede all’Aia nei Paesi Bassi, è un’istituzione permanente istituita nel 1998 con lo Statuto di Roma.
La Corte esercita la propria giurisdizione solo sulle persone fisiche – mai sugli Stati – per i più gravi crimini di rilevanza internazionale, come il genocidio, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il crimine di aggressione. Non è, quindi, un tribunale di Stati contro Stati né di cittadini contro governi.
Cittadini, ONG e associazioni possono inviare al Procuratore della CPI informazioni su reati rientranti nella competenza della Corte. Tuttavia, un’indagine può essere avviata solo dopo che il Procuratore, valutata l’esistenza di elementi sufficienti, ottiene l’autorizzazione della Camera preliminare ad aprire formalmente l’inchiesta.
La denuncia presentata contro Meloni, Tajani, Crosetto e Cingolani dal gruppo Giuristi e Avvocati per la Palestina non implica quindi che i membri del governo o l’ad di Leonardo saranno processati: si tratta, al momento, di una semplice denuncia al Procuratore.
La denuncia per concorso in genocidio alla Corte penale internazionale dell’Aia nei confronti di Giorgia Meloni e di alcuni membri del governo è stata annunciata dal gruppo Giuristi e Avvocati per la Palestina.
Tra i cinquanta firmatari promotori della denuncia figurano, oltre ad avvocati e magistrati, anche professori universitari, giornalisti, deputati, senatori ed europarlamentari.
Tra i politici ed ex politici compaiono i nomi di Maurizio Acerbo, Donatella Albini, Luigi De Magistris, Stefania Ascari e Alessandro Di Battista. Presenti anche Tomaso Montanari, rettore dell’Università per Stranieri di Siena, e le personalità del mondo della cultura Laura Morante e Moni Ovadia.
Evidenziando lo “sterminio del popolo palestinese", "l' operazione di pulizia etnica” condotta da Israele contro i palestinesi e il “carattere genocidario” dell’azione israeliana, la denuncia sostiene che “i crimini internazionali compiuti dal governo israeliano contro la popolazione palestinese di Gaza e della Cisgiordania non sarebbero possibili senza una vasta rete di complicità internazionali”.
Una complicità di cui, scrivono i giuristi, si sarebbe macchiato anche il governo italiano:
Le scelte relative all’autorizzazione degli armamenti, si legge nella denuncia, sono affidate dalla legge italiana “alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai ministri della Difesa e degli Esteri”.
Alle responsabilità del Governo, si legge infine, si aggiungono poi quelle di Leonardo, le cui competenze nell'invio di armi determinerebbero le “presumibili responsabilità, concorrenti con quelle dei membri del governo, dell’amministratore delegato e direttore generale Roberto Cingolani”.
I Giuristi e Avvocati per la Palestina contestano poi a Meloni, Tajani e Crosetto anche la decisione di interrompere i finanziamenti all’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente).
La reazione della premier alla denuncia per concorso in genocidio presentata contro di lei non si è fatta attendere.
Proseguendo nella strategia adottata nelle ultime settimane — quella di utilizzare le proteste pro-Palestina come elemento del dibattito politico interno, attribuendole alla sinistra e al suo presunto tentativo di seminare odio — Meloni ha accusato le opposizioni di sottovalutare “il rischio che il clima nelle piazze possa peggiorare, come accadde negli anni di piombo”.
"Non sanno più dove denunciarci pur di intervenire per via giudiziari", ha detto la premier nel suo intervento a Porta a Porta, alludendo a una sinistra che, a suo dire, punterebbe a tornare al potere attraverso un golpe giudiziario e finanziario.