L’ultima gaffe di Francesca Albanese, referente ONU per la questione palestinese, pone sotto i riflettori una questione che va ben oltre l’ironia superficiale: l’uso, irresponsabile e dannoso, degli stereotipi regionali, soprattutto quando inseriti in contesti drammatici e di alta sensibilità politica.
L’episodio nasce durante un incontro pubblico tenuto da Albanese, fresca destinataria della cittadinanza onoraria del Comune di Napoli e originaria di Ariano Irpino. Intervenendo sul tema della mobilitazione per Gaza, Albanese ha affermato: “Per Gaza sono scesi in strada di notte anche i milanesi, che in genere, a differenza dei napoletani, hanno ben presente che la mattina presto devono alzarsi per andare a lavorare…”.
Una battuta, dal tono apparentemente leggero, che invece ha sollevato critiche accese, in particolare da Angelo Forgione, scrittore e noto meridionalista napoletano.
Forgione evidenzia come mettere “un becero stereotipo sui napoletani dentro un argomento drammatico come la tragedia palestinese” sia una leggerezza inaccettabile, che dimostra scarso rispetto sia per il Sud Italia sia per le questioni sociali profonde che lo attraversano.
La disoccupazione meridionale non è uno scherzo né tantomeno materia per ironie. Spesso, come sottolinea lo stesso Forgione, i napoletani emigrati a Milano vengono apprezzati dai datori di lavoro per la loro “proverbiale brillantezza” e, soprattutto, molte persone a Napoli lavorano di notte, anche in condizioni di sfruttamento e precariato.
Ciò che colpisce non è tanto la gaffe in sé, quanto la distanza tra chi ricopre ruoli internazionali e la reale conoscenza dei territori che pretende di rappresentare. La scarsa sensibilità di Albanese suggerisce una visione superficiale della realtà italiana.
Non sapere che a Napoli si lavora, spesso anche in orari poco tutelati e con stipendi bassi, porta a perpetuare narrative sbagliate che alimentano divisioni e sfiducia, soprattutto tra Nord e Sud. L’errore è amplificato dal fatto che arriva in un momento di forte tensione sociale e umanitaria, rendendo l’uscita ancora più fuori luogo.
Quello che Albanese compie è un vero corto circuito comunicativo: da un lato, si fa portavoce della sofferenza palestinese, dall’altro, lascia che un luogo comune declassi la dignità di chi, nel Sud Italia, affronta a fatica il problema della disoccupazione e della precarietà.
Inserire questa ironia all’interno di un discorso internazionale sul dramma di Gaza non solo svilisce il tema trattato, ma rischia di mettere in ombra la gravità della crisi umanitaria di cui si discute.
Da una referente ONU ci si aspetterebbe precisione, rispetto e la capacità di evitare, anche quando si scherza, banalizzazioni che possono ferire e dividere.