Quarantatré anni dopo il primo ingresso nella "griglia", "Tron: Ares" riporta sul grande schermo l’universo al neon che ha fatto sognare generazioni di fan di fantascienza.
Diretto da Joachim Rønning e con Jared Leto e Greta Lee nei ruoli principali, il film promette (e mantiene) due ore di adrenalina sintetica, laser, inseguimenti mozzafiato e una colonna sonora che non lascia tregua.
Ma la domanda che aleggia ovunque - dai social ai forum di Reddit - è una sola: "serviva davvero un altro Tron?"
A giudicare dalle prime recensioni e dal buzz online, la risposta è un deciso "sì, ma con riserva". Perché "Tron: Ares" non è un semplice sequel: è un reboot emotivo, un aggiornamento della saga che, pur restando fedele alle sue radici digitali, parla direttamente al presente - quello delle intelligenze artificiali, del controllo dei dati e della nostalgia pop anni '80.
Dimenticate il Jared Leto di "Morbius" o dalle performance sopra le righe. Qui l’attore gioca di sottrazione, e per una volta funziona.
Nei panni del programma Ares - una sorta di "Master Control" con dilemmi esistenziali - riesce a essere intenso, ironico e persino tenero. La critica si è spaccata, ma molti concordano su un punto:
Accanto a lui, Greta Lee (già apprezzata in "Past Lives") porta sullo schermo una CEO combattiva e sfaccettata, più umana dei programmi che comanda. Il duo funziona, e il loro rapporto, tra empatia e diffidenza, regala al film un cuore pulsante sotto la superficie scintillante di pixel e luci al neon.
Il tutto condito da un villain d’eccezione: Evan Peters, nel ruolo del giovane erede della malvagia Dillinger Systems, un tech bro con complesso di Dio e tatuaggi in codice binario. Sì, esiste davvero.
Se "Tron: Legacy" viveva ancora oggi grazie ai Daft Punk, "Ares" ha trovato i suoi nuovi profeti sonori: Trent Reznor e Atticus Ross, alias i Nine Inch Nails. Il loro contributo musicale è stato definito "un’esperienza da brividi che rende l’IMAX degno di ogni euro speso".
La partitura mescola industrial, synthwave e techno-funk in un crescendo che accompagna l’azione di Rønning con la stessa intensità di un concerto live. Alcuni spettatori sui social l’hanno definita "una scarica di elettricità pura", altri "la vera protagonista del film".
E in effetti, ogni inseguimento, ogni colpo di luce e ogni dialogo tra uomo e macchina sembra scandito da un battito elettronico che unisce la nostalgia anni '80 al presente distopico dell’AI. Se "Legacy" era un rave elegante, "Ares" è un incubo pop in Dolby Atmos.
La reazione della critica è stata, come prevedibile, polarizzata. Alcuni lo hanno definito "il Tron più generico mai realizzato", mentre altri lo hanno salutato come "un’evoluzione dignitosa e sentita della serie".
Altri ancora ne parlano, invece, con equilibrio: "Questo capitolo soddisfa tutti i requisiti di un sequel tradizionale, riprendendo gli episodi passati e preparando quelli futuri".
Sui social, però, la musica cambia. I fan storici della saga hanno accolto il ritorno di Jeff Bridges, qui in un cameo nostalgico nei panni di Kevin Flynn, con un entusiasmo da standing ovation digitale.
"Finalmente un Tron che non si prende troppo sul serio", scrive un utente su X. Altri hanno sottolineato come "Ares" riesca dove "Legacy" aveva fallito: creare empatia per i personaggi umani.
Persino chi non ha mai visto i precedenti capitoli può godersi il film come standalone: tra inseguimenti su moto luminose, glitch visivi e duelli in stile "Matrix", "Tron: Ares" è spettacolo puro.
Il tutto con un pizzico di autoironia - e qualche battuta che strizza l’occhio al pubblico dei gamer e degli appassionati di cultura cyberpunk.
La grande sorpresa di "Tron: Ares" è proprio l’approccio visivo. Rønning ha dichiarato di aver "voluto uscire dalla griglia per tornare alla realtà", e il risultato si vede. Meno CGI, più set fisici, più texture.
Il direttore della fotografia Jeff Cronenweth (quello di "Fight Club" pr intenderci) costruisce un mondo ibrido dove luci e ombre si fondono, e persino i laser sembrano avere peso.
C’è una sequenza d’azione - un inseguimento in autostrada tra Ares, Eve e la glaciale Athena di Jodie Turner-Smith - che molti critici hanno definito "la più spettacolare della saga". Un ritorno alle origini che non rinuncia all’innovazione.
E per una volta, "Tron" non si limita a farci ammirare la tecnologia: ci chiede di riflettere su chi la controlla. Un messaggio che nel 2025 suona più attuale che mai.