La particolarità della nostra Nazione, l’Italia, risiede da sempre nelle sue diverse sfaccettature. Ogni Regione, Da Nord a Sud, presenta caratteristiche, paesaggi, luoghi, storia, cultura, tradizioni, enogastronomia diverse. “Rotolando verso Sud”, la Basilicata è unica nel suo genere. Il suo è un turismo che per quanto non avanzato come quello di altre regioni, sta facendo passi in avanti importanti. Non grandi città, bensì piccoli borghi, immersi nella natura, ognuno con le proprie tradizioni. Fra queste, vi è Irsina, l’antica Montepeloso che appare sulla cima di uno sperone roccioso che si affaccia sull'alta valle del Bradano. Dal primo sguardo si comprende come quel borgo sia ancora lì che aspetta di raccontarci la sua storia e il suo passato.
La storia di Irsina
Una storia che vale la pena di conoscere. Furono per primi i Saraceni ad assediare la città all'alba dell'anno Mille e fu il duca longobardo Giovanni II a riedificare l'abitato in parte distrutto dalle loro incursioni. Successivamente i Bizantini ne fecero un centro amministrativo, fino al 1041, quando se ne impossessarono i Normanni. Anche negli anni successivi, tuttavia, non ci fu pace. Nel 1132 la città si ribellò a re Ruggero II il quale la rase al suolo, almeno per quel che dicono le cronache. Sede vescovile sin dal 1123, la città durante la successiva età sveva venne munita di un castello e di torri di difesa del circuito murario, alcune delle quali ancora oggi appaiono integrate nelle successive costruzioni. Fedele agli svevi fino alla morte di Manfredi nel 1266, passò agli angioini e nel 1307 divenne dote di Beatrice, ultima figlia di Carlo Il d'Angiò quando sposò Bertrando Del Balzo. Il legame con questi nuovi signori durò a lungo, almeno sino alla seconda metà del '500 quando il feudo, divenuto nel frattempo una baronia, passò ai Grimaldi, nobili genovesi, che lo acquistarono
Protagonista dei moti seicenteschi napoletani di Masaniello, Irsina divenne luogo di banditi, se ne contavano, alla fine del 600, oltre un migliaio sotto la guida di Polito da Pastena, di origini salernitane. Da questo momento la storia di Montepeloso si intreccia alle vicende dei briganti per tutta l'età borbonica e napoleonica. Nel 1807 fece notizia l'uccisione di uno dei più feroci briganti, il Pedemontano, mentre durante i moti del 1821 gli insorti potevano ancora fare affidamento sull'appoggio dei banditi che "regnavano" nelle campagne limitrofe alla città. Il carattere di difesa, le mura, le torri e le fortificazioni del più antico insediamento costituiscono ancora oggi parte dell'aspetto della città di Irsina che deve questo nome, al posto di Montepeloso, ad un provvedimento comunale.
La Cattedrale, il Palazzo dei Vescovi e Sant’Eufemia
Di certo, uno dei punti cardine dello sviluppo urbanistico di Irsina fu la Cattedrale con l'annesso Palazzo dei Vescovi. L'antica chiesa, elevata a cattedrale già dal 1123, venne quasi completamente ricostruita tra il '700 e l'800 proponendo un edificio dalle marcate forme barocche. Rimangono dell'impianto più antico soltanto il campanile e la cripta, probabilmente gli unici elementi che non erano stati danneggiati, in modo consistente, dai ripetuti terremoti che avevano colpito la città a cominciare da quello del 1456 che distrusse gran parte del centro abitato.
Furono proprio quelli gli anni durante i quali Roberto de Mabilia, un prete di origini lucane, diventato rettore della chiesa di San Daniele a Padova, commissionò una statua in pietra da destinare alla Cattedrale della sua città natale, Irsina. La statua, che raffigurava la santa Eufemia, fu realizzata in pietra di Nanto tra il 1454 e il 1455. In quegli stessi anni la Cattedrale di Irsina ritornava ad essere sede vescovile e la chiesa riceveva nuova attenzione e soprattutto nuovi arredi liturgici. Così arrivò la donazione della statua di santa Eufemia da parte di Roberto de Mabilia.
Per esperienza personale, soprattutto durante il periodo autunnale, visitare questi luoghi, grazie anche al clima presente e al buon cibo, permette di rigenerare anima e corpo. Chi bazzica queste zone, sa di cosa parlo.