Per chi come me è cresciuto fra Puglia e Basilicata, immancabile sarà stata la gita di scuola elementare a Castelmezzano e Pietrapertosa. Ricordi ben scolpiti nella mente, che ancora oggi porto con me. La Basilicata ha sempre attratto la mia curiosità, tanto da recarmi costantemente per sagre ed eventi, soprattutto nel periodo autunnale e invernale quando è facile imbattersi in fiocchi di neve. La pareidolia è quel processo mentale attraverso il quale riconosciamo figure familiari in oggetti casuali o inanimati: l'esempio più celebre riguarda le nuvole, i cui contorni frastagliati sono spesso interpretati come forme di animali. Il medesimo fenomeno si verifica in un'area della Basilicata di ricchissimo interesse, ubicata al principio della catena appenninica, non lontano dalle acque del fiume Basento.
Le piccole dolomiti lucane
Qui il vivace verde della copertura boschiva, è interrotto di sovente da pinnacoli rocciosi di arenaria. Queste vere e proprie guglie, spinte verso l'alto dalle forze geologiche, sono poi state plasmate dal vento e dall'acqua sino ad assumere forme tanto originali quanto inattese, lasciando libero sfogo alla fantasia popolare, che li ha denominate bocca di leone, becco di civetta, incudine, dito del diavolo, aquila reale e la grande madre. L'aspetto complessivo del territorio, che nella realtà supera di poco i mille metri di altitudine, appare come il tipico paesaggio alpino che ci aspetteremmo a quote molto più alte, tanto che, anche grazie ai riflessi grigio-rosati delle rocce, ha reso possibile battezzare questi luoghi come "piccole dolomiti lucane".
Nonostante il territorio appaia impervio, è stato popolato a più riprese, in modo stabile ma non continuativo. Un esempio è il Monte Croccia, collocato fra Castelmezzano, Pietrapertosa e Oliveto lucano. Il sito è primariamente noto per gli straordinari resti di due cinte murarie che risalgono al IV secolo a.C. e che testimoniano il popolamento preromano dell'area, di evidente matrice lucana. Sono ancora ben visibili, infatti, due cerchie di fortificazioni che cingevano l'insediamento. La seconda al contrario, che racchiudeva la zona dell'acropoli, è ancora oggi in sorprendente stato di conservazione, anche grazie ai grandi blocchi monolitici e alla presenza di una monumentale porta di accesso. Tali resti sono di frequente coperti dalla vegetazione, dalla quale fanno capolino facendosi largo fra le radici degli alberi. La loro inattesa presenza in un fitto bosco, dove il panorama a tratti si apre verso gli Appennini o verso la valle del Basento, regala suggestioni simili ai più noti siti archeologici di civiltà scomparse, persi ormai in giungle inaccessibili e che la natura cerca di celare alla vista.
Poco prima di giungere alla sommità dell'acropoli, una formazione rocciosa di arenaria alta circa cinque metri si innalza dal calpestio: si tratta di Pietre de la mola, resa celebre negli ultimi anni da un particolare fenomeno astronomico. Difatti il complesso roccioso presenta una stretta fenditura, lunga alcuni metri, che viene attraversata dai raggi del Sole al tramonto ogni 21 dicembre.
Pietrapertosa
Anche l'alta guglia dolomitica che sovrasta il paese di Pietrapertosa ha subito i capricci della natura, in quanto si presenta traforata proprio sulla sommità. Osservata a distanza, offre l'impressione che la montagna sia stata bucata: d'altro canto è da questa circostanza che prende il nome il sottostante paese: Pietrapertosa sta difatti per pietra con pertugio, ossia pietra bucata. Oggi nei pressi del traforo sono presenti i ruderi di una fortificazione, un elemento comune per le alture della zona: oltre al caso già citato di epoca lucana del Monte Croccia, ve ne sono di medievali sulle alture che sovrastano Castelmezzano e Timpa Palazzo, ove sorgeva probabilmente l'insediamento di Gallipoli. Si è trattato evidentemente di luoghi facilmente difendibili, grazie alla ripidissima orografia, e pertanto prescelti in diverse epoche storiche e da diverse popolazioni come capisaldi territoriali.
Volete sognare? Ebbene, non mancate di recarvi nelle “Piccole Dolomiti Lucane”, luoghi forse un po’ nascosti ma dall’inestimabile valore.
A cura di Sabino Del Latte