26 Oct, 2025 - 09:50

La Russia ha vinto la guerra: l’unico modo per fermarla è ammetterlo

La Russia ha vinto la guerra: l’unico modo per fermarla è ammetterlo

Dal fronte ucraino arrivano notizie che fotografano un quadro ormai chiaro a chiunque non voglia nascondersi dietro le formule diplomatiche.

La Russia sta vincendo – anzi, ha già vinto – la guerra. Non perché l’Occidente lo riconosca, ma perché la realtà sul terreno parla da sola: migliaia di soldati ucraini stanno venendo accerchiati nel Donbass e nel Kharkiv, i missili russi volano sopra distanze planetarie, e nessuno – né a Washington né a Bruxelles – sembra più in grado di cambiare la direzione degli eventi.

Secondo quanto riportato oggi dall’agenzia Tass, fino a 5.000 militari ucraini sarebbero stati circondati a Kupyansk, nell’area nord-orientale di Kharkiv, mentre altri 5.500 si troverebbero intrappolati nella regione di Pokrovsk, nel Donetsk.

Sono numeri che raccontano una disfatta tattica, ma anche simbolica. Il generale Valerij Gerasimov, capo di Stato maggiore delle forze russe, ha annunciato che le truppe d’assalto hanno assunto il controllo dei passaggi strategici sul fiume Oskol, tagliando ogni via di rifornimento.

Il presidente Vladimir Putin, in visita a un comando militare dell’“operazione speciale”, ha ordinato di «garantire la resa delle truppe ucraine e minimizzare la perdita di vite umane». Parole che, dietro la diplomazia militare, suonano come la conferma che Mosca si considera ormai padrona del campo.

La resa militare e il collasso politico

Che la guerra in Ucraina si stia concludendo non significa che stia finendo. Ma definire la portata di questa “fine” è essenziale.

Kiev è esausta, le linee occidentali di supporto sono frammentarie, e l’Europa, logorata dall’austerità energetica e dalla saturazione delle proprie opinioni pubbliche, guarda sempre più da lontano a un conflitto che non riesce più a giustificare.

Dalla controffensiva del 2023, che avrebbe dovuto ribaltare la situazione, fino agli ultimi mesi del 2025, il percorso è stato una lenta implosione.

Il tentativo di ricreare una narrativa di resistenza eroica si è schiantato contro la matematica della logistica: senza uomini, senza armi, senza carburante, nessuna guerra moderna è sostenibile.

Oggi, la resa di interi contingenti ucraini nelle zone di Kupyansk e Pokrovsk segna un punto di non ritorno. È la conferma di una verità scomoda che nessuno in Occidente vuole pronunciare ad alta voce: l’Ucraina non può riconquistare ciò che ha perduto.

E soprattutto, la NATO non può più permettersi di prolungare una guerra che ha già perso politicamente.

L’arsenale che cambia il mondo

Come se non bastasse, Mosca sta mostrando al mondo il salto tecnologico del suo arsenale. Il 21 ottobre, il generale Gerasimov ha riferito che la Russia ha testato con successo il missile a propulsione nucleare “Burevestnik”, rimasto in volo per 15 ore e capace di coprire 14.000 chilometri.

È il simbolo di un potere militare che non si limita più a difendere territori, ma proietta la propria forza su scala globale.

Putin, commentando il test, ha affermato che l’arma «non ha eguali al mondo» e che può eludere qualsiasi sistema antimissilistico occidentale.

Non è solo una dichiarazione tecnica: è un messaggio politico diretto agli Stati Uniti, alla NATO e a chi ancora crede che la deterrenza nucleare funzioni come un equilibrio. La Russia sta spostando il baricentro strategico del XXI secolo.

L’Occidente davanti allo specchio

A questo punto, l’unico modo per “fermare” la guerra è ammettere che la Russia l’ha già vinta. Continuare a parlare di “resistenza ucraina” e di “lungo conflitto d’attrito” serve solo a giustificare l’incapacità dell’Occidente di ridefinire la propria strategia.

Ogni giorno che passa, la distanza tra la retorica europea e la realtà militare cresce, e con essa la frattura interna nelle società occidentali, sempre più stanche di pagare il prezzo economico e politico di una guerra che non controllano.

Il problema non è più solo la sconfitta dell’Ucraina, ma la perdita di credibilità dell’intero blocco euroatlantico. Le sanzioni hanno fallito nel piegare Mosca; i pacchetti di aiuti non hanno salvato Kiev; e la propaganda non ha impedito che milioni di europei cominciassero a chiedersi, apertamente, se non fosse arrivato il momento di trattare.

Il nuovo equilibrio mondiale

Mentre l’Europa si scopre impotente e l’America guarda già al Pacifico, la Russia impone le proprie condizioni.

Non è una “pace russa”, ma una architettura geopolitica completamente nuova: multipolare, aggressiva, decisa a costringere il mondo a fare i conti con la sua esistenza.

Accettare questa realtà non significa arrendersi al potere russo, ma riconoscere che la guerra è finita sul campo, anche se non ancora nelle dichiarazioni ufficiali. L’unico modo per fermarla davvero è smettere di fingere che si possa ancora vincere.

Il Cremlino lo sa. Kiev lo intuisce. L’Occidente, però, continua a recitare un copione che nessuno crede più.

E mentre i missili Burevestnik tracciano traiettorie che sfidano la fisica, e le truppe ucraine esauriscono le munizioni nelle trincee del Donetsk, la frase che nessuno osa dire rimane la più vera di tutte: la Russia ha vinto. E solo chi ha il coraggio di ammetterlo potrà fermarla.

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