A Washington, i sostenitori di Trump vivono quotidianamente una forma di discriminazione che ha assunto le sembianze di un vero e proprio “razzismo democratico”, dove la libera espressione di idee politiche diventa la colpa da espiare ai margini della società sentimentale.
In una città in cui oltre il 90% degli elettori si riconosce nella leadership di Kamala Harris, per i giovani conservatori, trovare l’amore non è solo una sfida personale, ma la prova tangibile di un clima ideologico ostile che separa, giudica e isola chi dissente dalla narrazione dominante.
I protagonisti di questa nuova discriminazione non sono minoranze etniche né religiose, ma cittadini americani con convinzioni conservatrici, spesso animati da valori tradizionali e religiosi. Morgan Housley, giovane professionista arrivata a Washington per ragioni di lavoro, racconta con trasparenza: "Cerco un uomo di fede, capace di proteggere e prendersi cura, ma in questa città è praticamente impossibile".
Housley non è sola: decine di giovani donne conservatrici si dichiarano ancora legate a ideali tradizionali ma incapaci di trovare uomini coerenti con quei valori, deluse dall’assenza di virilità e determinazione nel maschile repubblicano della capitale.
Per chi sostiene Trump, il vero ostacolo non è la mancanza di occasioni, quanto il pregiudizio: "Nessuno vuole uscire con noi", ammette Housley, "non per il carattere o le aspirazioni, ma per le idee politiche".
In un contesto ultra-liberal, dove le app di dating e le agenzie di matchmaking hanno trasformato le preferenze politiche nel primo filtro di selezione, bastano una battuta su Trump o un riferimento alla destra per spegnere qualsiasi possibilità di relazione.
Michelle Jacoby, fondatrice dell'agenzia DC Matchmaking, spiega che fino al 2016 la questione politica non era neppure contemplata tra le domande di presentazione; oggi, invece, è la prima discriminante, la nuova “razza” dell’identità sentimentale. Washington è diventata un laboratorio estremo della polarizzazione americana, dove il cuore stesso adotta i colori delle urne e la relazione diviene campo di battaglia.
Taylor Hathorn, contractor della difesa che ha vissuto più di cinquanta appuntamenti in sei anni senza trovare il partner ideale, riassume così il disagio: "Cerco qualcuno che vada in chiesa e condivida la mia visione, ma qui si è giudicati prima di poter raccontare chi si è realmente".
Lontano dai luoghi comuni sulla superficialità di Tinder, molti conservatori organizzano eventi privati come i "Make America Hot Again", serate dedicate ai single repubblicani, pur consapevoli che restano soprattutto momenti di aggregazione tra simili, quasi a ricreare una “safe zone” identitaria.
La discriminazione non si limita alle donne. Anche gli uomini conservatori denunciano di essere vittime di sospetto e diffidenza, sin dalle prime conversazioni. Christopher Byrne, fondatore di un collettivo cattolico a Washington, confida: "Quando qualcuno scopre che ho votato repubblicano, il tono cambia subito.
Non è più una chiacchierata tra persone, ma una verifica di appartenenza". Per molti, sono decine gli appuntamenti interrotti perché “non in linea” con le aspettative politiche del partner, segno che l’intolleranza ideologica ha superato i confini delle relazioni professionali e amicali, investendo la sfera privata.
Questa forma di “razzismo democratico” non si esprime con offese o discriminazioni esplicite, ma con l’esclusione silenziosa e il rifiuto preventivo basato su convinzioni politiche.
Nel nuovo laboratorio sociale di Washington, essere pro-Trump equivale a essere minoranza perseguitata: le app di dating diventano trincee ideologiche, le feste private roccaforti di resistenza, e ogni incontro sentimentale un rischio di etichettamento. Come sottolinea una giovane staffer repubblicana: "Il mio partner deve sapere chi sono, non quello che pensa di me la politica".
Così, nella città che ospita la Casa Bianca e il Congresso, anche la ricerca dell’amore è diventata una battaglia di idee, dove il colore politico conta più dei sentimenti, e la tolleranza invocata dal progressismo si risolve, troppo spesso, nell’esclusione dell’altro.
Una nuova segregazione mascherata da libertà di scelta, che trasforma l’inclusività in un’arma da boomerang contro chi osa pensare, amare e votare diversamente.
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