06 Nov, 2025 - 17:20

Ucraina, la trappola della "guerra per sempre": come il grande scacchiere geopolitico mette a rischio la sicurezza europea

Ucraina, la trappola della "guerra per sempre": come il grande scacchiere geopolitico mette a rischio la sicurezza europea

Il rischio di una “guerra per sempre” in Ucraina è ormai una minaccia concreta. Anders Fogh Rasmussen, ex segretario generale della NATO, ha lanciato un allarme forte: senza un deciso aumento del sostegno militare europeo e una maggiore pressione su Mosca, la guerra si trascinerà a lungo. L’Europa è chiamata a uscire dalle promesse retoriche e a prendere azioni concrete per evitare un conflitto infinito. Tuttavia, si tratta di una linea molto sottile tra la deterrenza e un contesto che potrebbe facilmente far scivolare il continente verso un coinvolgimento diretto, con il rischio concreto di uno scontro aperto tra NATO e Russia.

La pressione sulla Russia

L’ex capo della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha parlato in un’intervista a The Guardian su come affrontare l’ipotesi di una “guerra infinita” in Ucraina e la perdita di territori da parte di Kiev.
Rasmussen sostiene una linea molto simile a quella di Kiev, ovvero aumentare le pressioni su Mosca per portare il presidente russo, Vladimir Putin, al tavolo dei negoziati.

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Se non attueremo cambiamenti radicali nella strategia, ci troveremo di fronte a una guerra senza fine… Putin non ha alcun incentivo a impegnarsi in negoziati di pace finché pensa di poter vincere sul campo di battaglia. Sono necessari cambiamenti di ritmo e di mentalità.

Come si potrebbe realizzare questo? Da questo punto di vista, l’Europa deve assumere una posizione più dura e concreta sulla pressione economica e militare sulla Russia.

Nelle ultime settimane, infatti, l’Unione europea ha discusso una tabella di marcia per la difesa e sta ancora valutando come continuare a sostenere economicamente Kiev.

L’uso degli asset congelati russi, per esempio, è ostacolato dal Belgio a causa dei timori sulle eventuali conseguenze legali e finanziarie della decisione. Queste risorse sarebbero destinate alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina.

Secondo Rasmussen, questi ostacoli interni all’Europa rafforzano la posizione del Cremlino. Non si tratta di una tesi inedita, ma arriva da una voce autorevole: Rasmussen ha ricoperto l’incarico di capo della NATO dal 2009 al 2014 ed è stato, precedentemente, primo ministro della Danimarca dal 2001 al 2009.

Lo scudo missilistico con base in Europa

Tra le proposte di Rasmussen c’è l’istituzione di uno scudo missilistico e di droni nei territori del fianco orientale dell’alleanza atlantica. Questa struttura difensiva avrebbe l’obiettivo di proteggere i paesi europei vicini alla linea del conflitto, ma anche di supportare l’Ucraina.

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Dobbiamo aiutare il popolo ucraino a proteggersi dai missili e dai droni russi costruendo uno scudo aereo che li aiuti ad abbattere missili e droni.

Il dispiegamento di truppe europee in Ucraina

Rasmussen ha anche invocato la creazione di una forza europea di protezione per l’Ucraina, da dispiegare anche prima della firma di un accordo di cessate il fuoco. Ha indicato che la “coalizione dei volenterosi”, che avrebbe dovuto organizzare questa forza una volta terminati i combattimenti, si è trasformata in una sorta di “coalizione degli attendisti”.

L’uso dei missili Tomahawk

Secondo Rasmussen è ancora possibile riavviare il dibattito sulla fornitura di missili da crociera statunitensi Tomahawk all’Ucraina, qualora la Germania decidesse di fare da apripista, fornendo a Kiev i propri missili da crociera Taurus. Dopo un periodo di riflessione, il presidente americano Trump aveva respinto le ipotesi di questa iniziativa.

L’utilizzo dei beni congelati russi

Infine, Rasmussen insiste sul fatto che l’Europa deve agire con urgenza per sbloccare i beni russi congelati. La discussione riguarda circa 140 miliardi di euro attualmente depositati nella Euroclear in Belgio.

Le parole di Rasmussen ricordano come l’Europa si trovi in una posizione delicata. Il vecchio continente si trova in bilico tra una posizione di sostegno strategico all’Ucraina e la necessità di evitare che le politiche adottate degenerino in un conflitto più ampio.

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