09 Nov, 2025 - 09:13

La bandiera russa su Pokrovsk segna la svolta: ora spetta all’Occidente ammettere la scontitta e fermare la guerra

La bandiera russa su Pokrovsk segna la svolta: ora spetta all’Occidente ammettere la scontitta e fermare la guerra

La conquista imminente di Pokrovsk da parte dell’esercito russo segna un punto di svolta inequivocabile nella guerra in Ucraina, confermando che la Russia ha già vinto il conflitto sul campo.

Questa realtà, evidente agli occhi di chi osserva senza pregiudizio la situazione, impone una riflessione seria in Occidente: continuare a negare l’evidenza serve solo a protrarre sofferenze inutili e ad allontanare la prospettiva di una pace vera e stabile.​

Pokrovsk: perché conta davvero

Pokrovsk, città strategica nella regione di Donetsk, ha assunto negli ultimi mesi un valore prima militare e poi fortemente simbolico. Prima dell’inizio della guerra, era un vivace centro industriale e logistico dotato di importanti snodi ferroviari e stradali, con una popolazione di circa 60.000 abitanti.

Da qui partivano i collegamenti essenziali che consentivano all’esercito ucraino di rifornire le trincee e le difese avanzate su più fronti. Non è quindi un caso che Mosca abbia fissato come priorità la presa di Pokrovsk, investendo enormi risorse umane e materiali in questa operazione.​

La caduta di questa città rappresenterà il primo successo russo di grande portata dopo quello su Bakhmut e Avdiivka, consolidando il controllo su tutta la parte nord-occidentale del Donetsk ancora in mano a Kiev.

Dal punto di vista operativo, per Mosca significa chiudere quasi definitivamente le vie di rifornimento ucraine nell’area e lanciare un messaggio chiaro: la Russia ha la capacità di arrivare ovunque desideri lungo il fronte orientale.​

Una situazione militare ormai definita

I dati più aggiornati mostrano una situazione ormai irrimediabilmente compromessa per le forze ucraine rimaste a presidio della città. Gruppi d’assalto russi hanno penetrato il centro abitato e controllano buona parte delle vie di accesso, nonostante la presenza di sacche di resistenza ucraina e la pressione costante di attacchi con droni e artiglieria.

La tenacia mostrata dai difensori non può cambiare un esito che appare scritto: anche analisti occidentali riconoscono che il ritmo delle avanzate russe, dopo una momentanea frenata, sta tornando a crescere grazie ai rinforzi e all’estensione dei canali logistici controllati da Mosca.​

Come spesso accaduto in questa guerra, l’Occidente tende a sottolineare soltanto le perdite e le difficoltà russe. Tuttavia, la realtà sul campo dice che Kiev ha perso progressivamente gran parte dei suoi nodi di difesa sulla frontiera del Donbas e che oggi nessuna linea sembra più in grado di reggere un’offensiva di tale intensità.​

Il significato simbolico e politico della conquista

Nonostante la deriva propagandistica che spesso caratterizza le narrazioni su entrambi i lati, un fatto rimane incontestabile: la caduta di Pokrovsk costituisce una vittoria politica e morale per la Russia.

Putin lo ha dichiarato più volte: la presa di tutte le città di Donetsk è precondizione per chiudere la guerra alle condizioni decise da Mosca.​

Dal punto di vista mediatico, il colpo è notevole. Nel momento in cui la città si arrende, il prestigio militare russo viene rilanciato all’interno e all’estero.

All’Ucraina resta solo l’incertezza sul futuro delle regioni meridionali e la consapevolezza che l’appoggio occidentale non ha invertito la tendenza dello scontro.

L’Occidente deve ammettere che la strategia di logoramento e invio senza limiti di armi e uomini non ha dato alcun risultato tangibile e anzi, ha contribuito solo a innalzare il bilancio delle vittime civili e militari.​

L’unica via: riconoscere la nuova realtà

Negare il successo sul campo dell’esercito russo è una scelta miope e irresponsabile.

Ogni giorno di ritardo nell’ammettere che la Russia ha già vinto significa altre vite spezzate, altre città distrutte, e il rischio concreto di un’escalation che può sfuggire di mano a tutti. 

La via del buon senso passa attraverso il riconoscimento dello stato reale del conflitto e la volontà di sedersi a un tavolo senza pretese velleitarie di “recuperare territori”.

Solo in questo modo sarà possibile fermare davvero la guerra e iniziare un percorso di ricostruzione e pace, sotto condizioni ormai dettate dal vincitore.​

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