Cresce il braccio di ferro tra Mosca e Bruxelles sulla questione dei visti Schengen e degli asset russi congelati.
Dopo il nuovo pacchetto di misure introdotte dall’Unione Europea per limitare ulteriormente l’accesso dei cittadini russi al territorio comunitario e per utilizzare parte dei fondi bloccati a sostegno dell’Ucraina, il Cremlino risponde con durezza, evocando ritorsioni economiche e asimmetriche.
Il clima, a quasi quattro anni dall’inizio del conflitto in Ucraina, è quello di una guerra fredda mascherata da lotta legale e diplomatica.
“Il cinismo con cui la Commissione europea interpreta la Carta dell’Onu e altre norme giuridiche internazionali, comprese le disposizioni sull’immunità sovrana e l’inviolabilità degli asset delle banche centrali, ha smesso da tempo di sorprendere. Tali azioni costituiscono un vero e proprio inganno e una rapina”, dichiara il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, citato da Ria Novosti.
Le sue parole arrivano in risposta alla proposta – oggi discussa a Bruxelles – di destinare gli interessi maturati sui circa 300 miliardi di dollari di asset russi bloccati dal 2022 al finanziamento della ricostruzione ucraina e, più recentemente, anche all’acquisto diretto di armamenti per Kiev.
Una mossa che Mosca considera “banditesca” e contraria alle norme del diritto internazionale.
Secondo Lavrov, “non importa come sia orchestrato il piano per estorcere denaro ai russi, non esiste un modo legale per farlo”. E aggiunge: “La Russia risponderà in modo appropriato”.
Quel termine, “appropriato”, non è casuale: a Mosca, quando le sanzioni occidentali si intensificano, la risposta tende a essere imprevedibile, spaziando da contromisure finanziarie a pressioni politiche nei canali multilaterali, fino alla leva energetica.
Anche la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha rincarato la dose. Intervistata dal canale televisivo Tvc e riportata dalla Tass, la diplomatica ha commentato con toni duri l’introduzione del divieto di rilascio di visti Schengen a ingressi multipli ai cittadini russi.
Un provvedimento che, secondo Bruxelles, mira a colpire le élite russe che sfruttavano la libera circolazione per aggirare le sanzioni.
Per Mosca, però, si tratta dell’ennesima prova di ostilità ideologica. “Le misure di ritorsione seguirebbero, ma sarebbero prese, prima di tutto, sulla base dei nostri interessi nazionali”, ha dichiarato Zakharova, lasciando intendere che il Cremlino potrebbe rispondere con strumenti non convenzionali, “ibridi”, rivolti contro infrastrutture o interessi economici europei presenti sul territorio russo.
La portavoce ha poi lanciato un monito che racchiude tutto il senso politico della posizione russa: “Mettere da parte visitatori legali, turisti provenienti dalla Russia, arrivati con documenti e un certo margine finanziario che garantisce loro la presenza legale sul territorio dell’Unione Europea, spinge l’Europa al suicidio. L’Europa continua a camminare sull’orlo del suicidio”.
Parole pesanti, ma che riflettono una convinzione diffusa nei circoli di Mosca: che l’Unione Europea, nel tentativo di punire la Russia, stia progressivamente danneggiando sé stessa, chiudendosi ai flussi turistici, agli investimenti, e complicando la sua stessa stabilità economica.
Sul piano pratico, le conseguenze iniziano a farsi sentire. Diverse compagnie aeree europee segnalano il crollo del traffico da e verso la Russia, mentre operatori del settore turistico lamentano perdite record nei mercati baltico e scandinavo.
L’effetto domino colpisce anche il mondo accademico: centinaia di studenti russi con visti pluriennali si trovano ora in bilico, bloccati da normative sempre più restrittive.
A Mosca, intanto, si prepara la risposta. Fonti del ministero delle Finanze russo parlano di un piano di controsanzioni “mirato” che includerebbe il sequestro di beni europei in territorio russo, l’aumento dei dazi sulle importazioni provenienti dall’UE e un’ulteriore chiusura ai servizi bancari esteri.
È la logica dello scontro speculare, come lo definisce la stessa diplomazia russa.
Guardando oltre la retorica, il messaggio è chiaro: la guerra dei visti e degli asset è ormai una nuova frontiera dello scontro tra Russia e Occidente.
Dietro le dichiarazioni si nasconde una verità strategica: né l’una né l’altra parte possono permettersi di cedere, ma entrambe rischiano di precipitare in una spirale di ritorsioni senza via d’uscita.
E se davvero l’Europa “cammina sull’orlo del suicidio”, come avverte Zakharova, anche la Russia, logorata da anni di isolamento, sembra scegliere consapevolmente di accompagnarla lungo quel crinale incerto dove politica, economia e geopolitica si fondono in un’inedita guerra dei nervi.
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