16 Nov, 2025 - 14:48

Famiglia sceglie di vivere nel bosco in Abruzzo: il caso che divide opinione pubblica e istituzioni

In collaborazione con
Virginia Mattei
Famiglia sceglie di vivere nel bosco in Abruzzo: il caso che divide opinione pubblica e istituzioni

Nelle colline boscose che circondano Palmoli, piccolo comune dell’entroterra abruzzese, vive una famiglia che da anni ha scelto uno stile di vita in totale autonomia. Una casa colonica isolata, raggiungibile solo attraverso un sentiero, pannelli solari per l’elettricità, un pozzo per l’acqua e una stufa a legna come unico sistema di riscaldamento: è questo l’habitat quotidiano di una coppia anglo-australiana e dei loro tre figli, di otto e sei anni.

Una scelta radicale che, fino a pochi mesi fa, scorreva lontano dai riflettori. Il caso è esploso nel settembre 2024, quando un’intossicazione da funghi raccolti nel bosco ha costretto l’intera famiglia al ricovero. Durante i controlli medici e l’intervento dei soccorritori, le autorità hanno segnalato la situazione ai servizi sociali, che hanno constatato alcune criticità: la struttura dell’abitazione, parzialmente lesionata; i servizi igienici esterni; la distanza da un presidio sanitario; la mancanza di un pediatra di riferimento.

Da qui è scaturito un procedimento presso la Procura per i Minorenni dell’Aquila, che ha ipotizzato un “grave pregiudizio” per i bambini e ha chiesto la sospensione della responsabilità genitoriale. Al centro del dibattito vi è anche la scelta educativa. I tre minori non frequentano la scuola tradizionale ma seguono un percorso di istruzione parentale improntato all’“unschooling”, un metodo che privilegia l’apprendimento spontaneo, il contatto con l’ambiente e l’autonomia personale.

I genitori sostengono che i figli stiano crescendo sereni, apprendendo direttamente dall’esperienza e mantenendo un forte legame con la natura, lontani – dicono – dalla “tossicità del sovraccarico sociale e digitale”. La vicenda ha immediatamente polarizzato l’opinione pubblica. A dimostrarlo è anche la petizione online, che in pochi giorni ha superato settemila firme.

I promotori chiedono che i bambini restino con i genitori, sostenendo che la famiglia non viva in condizioni di abbandono ma che abbia solo scelto un modello esistenziale alternativo. Nelle motivazioni della petizione si sottolinea come i minori appaiano «accuditi, felici e circondati dall’affetto dei genitori», e si contesta che uno stile di vita fuori dagli standard moderni debba essere considerato di per sé pericoloso. Anche i nonni, dalle rispettive nazioni d’origine, hanno scritto al tribunale per ribadire che i piccoli sono amati e seguiti, rafforzando ulteriormente il fronte di sostegno pubblico. Il procedimento giudiziario, però, resta aperto.

I magistrati stanno valutando se la scelta di vivere fuori dagli standard moderni equivalga davvero a una condizione rischiosa, oppure se rientri nel legittimo diritto dei genitori di educare i figli secondo i propri valori, a patto che siano garantiti salute, sicurezza e sviluppo. La decisione è attesa nelle prossime settimane, e il caso continua a dividere il Paese: tra chi vede in questa famiglia un esempio di libertà e ritorno alla natura, e chi teme che l’isolamento possa compromettere il futuro dei bambini.

A cura di Virginia Mattei

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