Ha preso il via oggi, davanti alla Corte d'Assise di Milano, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja, il processo a carico di Pablo Gonzalez Rivas, l'uomo accusato di aver ucciso la compagna Jhoanna Nataly Quintanilla, baby sitter di 40 anni, e di averne gettato il corpo - nascosto in una valigia - nel fiume Adda.
Tra i presenti, anche alcuni dei parenti della vittima, arrivati per l'occasione da El Salvador indossando magliette bianche con immagini di Jhoanna. "Ho fatto un viaggio di 16 ore per essere qui", ha dichiarato la zia Rosario De Fatima Valle Espinoza, che per la donna - come scrive l'Ansa - è stata una madre adottiva.
Rivas è accusato di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Interrogato dagli inquirenti dopo il fermo, aveva già ammesso le proprie responsabilità, sostenendo però che si fosse trattato di un gioco erotico finito male.
"Non volevo - aveva detto - mi è preso il panico e ho deciso di disfarmi del corpo". Secondo l'accusa, invece, avrebbe agito lucidamente, perché la compagna era diventata "ingombrante": da un po' intratteneva una relazione con un'altra donna. E avrebbe dovuto ospitarla a Milano.
Nel servizio di Milano Pavia Tv, la ricostruzione dell'omicidio - 6 marzo 2025.
A dare l'allarme, denunciando la scomparsa della 40enne, erano stati i datori di lavoro, preoccupati di non avere più sue notizie. Circa una settimana dopo, anche Rivas aveva allertato le autorità, avanzando l'ipotesi di un allontanamento volontario.
Dalle indagini era poi emerso che l'unico ad uscire di casa, nella notte tra il 24 e il 25 gennaio 2025, quella della scomparsa, era stato lui. Le telecamere di videosorveglianza lo avevano infatti ripreso salire a bordo della sua auto con un borsone.
Da lì il sospetto che potesse aver ucciso la compagna. Diventato certezza quando - dopo giorni e giorni di ricerche - il cadavere della donna fu ritrovato nelle acque del fiume Adda e Rivas, arrestato, confessò tutto o quasi.
Ora il processo con rito immediato (saltando cioè la fase dell'udienza preliminare), al termine del quale l'uomo rischia la più grave delle condanne: quella all'ergastolo.
Durante l'udienza odierna, perlopiù tecnica, la zia e la cugina di Jhoanna, arrivate da El Salvador, sono state ammesse come parti civili. "Vogliamo che tutti vedano che Nataly aveva una famiglia che ora chiede giustizia", le parole di Rosario. Che per lei, a quanto pare, è stata come una madre.
Le ha fatto eco l'avvocato Nicodemo Gentile.
Dichiarazioni forti, rilasciate alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne. La prossima udienza si terrà il 15 dicembre. In quell'occasione, sarà conferito l'incarico al perito che si occuperà delle trascrizioni delle intercettazioni. Per le prime testimonianze bisognerà attendere il 25 febbraio 2026.
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