Nonostante l’Arabia Saudita sia un paese che si sta aprendo alla modernità attraverso diverse normative, resta un luogo che, per il secondo anno di fila, frantuma il proprio record di esecuzioni capitali. Sono state almeno 347 le persone giustiziate nel 2025.
Con 347 esecuzioni, l’Arabia Saudita ha superato il 2024, quando la pena di morte aveva interrotto 345 vite, secondo i dati del monitoraggio di Reprieve, organizzazione con sede nel Regno Unito, riportati dall'emittente britannica BBC che segue i condannati nel braccio della morte.
Le ultime due vittime di quest’anno sono state due pakistani accusati di crimini legati alla droga. Il bilancio include anche un giornalista, due ragazzi arrestati da minorenni durante una protesta e cinque donne.
Circa due terzi delle condanne riguardano reati non letali legati alla droga, definiti dalle Nazioni Unite incompatibili con gli standard globali. Il gruppo di attivisti ha rilevato che 96 casi erano relativi all’hashish.
Più della metà delle vittime erano stranieri e sarebbero stati catturati nell’ambito di una crociata antidroga rilanciata nel paese dopo la fine della moratoria non ufficiale del 2022.
La giustizia saudita viene accusata dai gruppi per i diritti umani di arbitrarietà e si ritiene che utilizzi strumenti come la tortura per estorcere confessioni.
Le famiglie delle vittime restano all’oscuro: nessun preavviso delle esecuzioni, nessuna consegna delle salme, luoghi di sepoltura sconosciuti.
Mohammed bin Salman, principe ereditario dal 2017, sta rivoluzionando l’Arabia Saudita. Il sovrano de facto del paese ha bandito la polizia religiosa, ha permesso alle donne di mettersi al volante e ha dato vita a mega-eventi sportivi per diversificare l’economia nazionale e renderla meno dipendente dal commercio del petrolio.
Eppure, Human Rights Watch definisce con il termine “abissale” la distanza del paese dal raggiungere un livello soddisfacente di rispetto dei diritti umani.
Il numero record di esecuzioni annuali non comporta comunque “nessun prezzo da pagare per il principe e le sue autorità”, come afferma Joey Shea, ricercatore di Human Rights Watch, citato dalla BBC. Concerti, mega-eventi e Formula 1 proseguono indisturbati.
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