31 Dec, 2025 - 12:48

I 10 disastri climatici più costosi del 2025: inondazioni, incendi boschivi e cicloni mettono alla prova le comunità e la resilienza globale

I 10 disastri climatici più costosi del 2025: inondazioni, incendi boschivi e cicloni mettono alla prova le comunità e la resilienza globale

Il 2025 ha rappresentato un punto di svolta nella crisi climatica globale. Inondazioni, incendi boschivi, cicloni e siccità hanno colpito duramente intere regioni del pianeta, causando ingenti danni economici e gravi conseguenze sociali. Il rapporto "Counting the Cost 2025" di Christian Aid analizza i dieci disastri climatici più costosi dell’anno, mettendo in luce l’impatto crescente degli eventi meteorologici estremi e le risposte ancora insufficienti della comunità internazionale.

Un anno di disastri climatici globali

Il 2025 è stato un anno segnato da gravi disastri climatici che hanno messo a dura prova le comunità, le infrastrutture e i sistemi di emergenza in tutto il mondo.

Eventi estremi come caldo intenso, siccità prolungata, tempeste eccezionali e piogge molto forti hanno provocato grandi distruzioni e numerose perdite di vite umane. Questi fenomeni non sono stati casi isolati ma parte di una crisi climatica sempre più evidente.

Il rapporto “Counting the Cost 2025” di Christian Aid analizza i dieci eventi meteorologici estremi più onerosi dell’anno, con perdite assicurative superiori ai 120 miliardi di dollari a livello globale.

I disastri climatici più costosi del 2025

I 10 disastri climatici più costosi del 2025 evidenziano come eventi estremi sempre più frequenti abbiano avuto un impatto economico enorme in diverse parti del mondo.

L’evento più devastante in termini di costi sono stati gli incendi boschivi di Palisades ed Eaton negli Stati Uniti, avvenuti a gennaio, con danni superiori ai 60 miliardi di dollari, una cifra che da sola supera di gran lunga quella degli altri disastri elencati.

Seguono i cicloni dell’Asia meridionale e sud-orientale che, nel mese di novembre, hanno causato circa 25 miliardi di dollari di danni, colpendo regioni densamente popolate e vulnerabili e uccidendo oltre 1.750 persone.

Le inondazioni in Cina, tra giugno e agosto, hanno generato perdite per 11,7 miliardi di dollari, mentre l’uragano Melissa nei Caraibi, nella seconda metà dell’anno, ha provocato danni stimati intorno agli 8 miliardi di dollari.

Particolarmente rilevanti sono anche le inondazioni monsoniche in India e Pakistan (circa 5,6 miliardi di dollari) e i tifoni nelle Filippine, che tra metà anno e novembre hanno superato i 5 miliardi di dollari di costi.

In Sud America, la siccità in Brasile, protrattasi da gennaio a giugno, ha causato perdite per 4,75 miliardi di dollari, colpendo soprattutto l’agricoltura e le risorse idriche.

Infine, tra gli eventi meno costosi ma comunque significativi, si trovano l’ex ciclone tropicale Alfred in Australia (1,2 miliardi), il ciclone Garance sull’isola della Riunione (1,05 miliardi) e le alluvioni in Texas nel mese di luglio (circa 1 miliardo di dollari).

Nel complesso, questo elenco mette in evidenza come il 2025 sia stato un anno segnato da gravi disastri climatici, con conseguenze economiche enormi e diffuse a livello globale.

Limiti dei dati

Sebbene il rapporto offra uno sguardo approfondito sulle conseguenze dei disastri climatici, le cifre economiche riportate non mostrano l’intero impatto reale di questi eventi. I dati finanziari si basano soprattutto sui danni coperti da assicurazioni e rappresentano quindi solo una parte delle perdite totali.

In molti paesi, soprattutto quelli più vulnerabili, abitazioni, mezzi di sussistenza, agricoltura e infrastrutture non sono assicurati e, di conseguenza, i danni subiti non vengono registrati né quantificati in modo completo.

Risposte politiche internazionali

Al vertice dell’ONU sul clima COP30, tenutosi a novembre 2025 a Belém, in Brasile, le nazioni sviluppate si sono impegnate a triplicare i finanziamenti per l’adattamento climatico nei paesi più vulnerabili, con l’obiettivo di raggiungere 120 miliardi di dollari annui entro il 2035. Questa somma, tuttavia, non coprirà integralmente le esigenze di protezione contro eventi meteorologici estremi nei paesi in via di sviluppo.

La proposta di un obbligo graduale per l’eliminazione dei combustibili fossili e della deforestazione è stata declassata ad una mera iniziativa volontaria, priva di scadenze o obblighi universali. Questa scelta riflette le resistenze dei produttori di petrolio compromettendo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul contenimento del riscaldamento globale entro 1,5 °C.

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