L'ultima vittima, la piccola Elena, non aveva nemmeno compito cinque anni. La madre dopo aver inscenato un’aggressione e un rapimento da parte di tre uomini incappucciati, ha dichiarato la sua colpevolezza. È stata lei poi ad indicare alle forze dell'ordine il luogo preciso in cui era stato commesso il reato e dove si trovava il corpo senza vita della bambina. Ancora un caso di infanticidio che si aggiunge ad una lista nera senza fine. Dall’uccisione di Samuele Lorenzi, nel 2001 alla vicenda del piccolo Loris Stival, del 2014. Sono soltanto tre dei più eclatanti delitti spesso confessati dalle stesse persone che li hanno commessi. Numeri alla mano: nel 90% dei casi di omicidio di cui sono vittima infanti o bambini al di sotto dei sei anni il colpevole è da ricercare nella figura materna. Sentimenti primordiali come depressione, vendetta, rabbia o disperazione spingono le donne a uccidere i propri figli.
Non è facile collegare l'omicidio di un bambino all’essere umano che lo ha creato, tenuto in grembo per 9 mesi e che lo vive quotidianamente. Si pensa subito ad una mano esterna, cattiva, senza cuore, incapace di provare sentimenti. Eppure i dati dicono altro: in 9 casi su dieci, l'assassino è la madre.
Le cronache degli ultimi anni ci mostrano una realtà dei fatti nuda e cruda. Nessuna ipocrisia. Esistono donne, madri, che uccidono i propri bambini. Non c’è nessuna scusa se non puro egoismo o malattia. Prostrate dalla depressione, esasperate dalla rabbia o dal desiderio di vendetta nei confronti di un marito-compagno che le ha abbandonate.
268 i figlicidi commessi soltanto dal 2010 a oggi. Un numero esorbitante ed inaccettabile. Troppo pochi tuttavia secondo le forze dell’Ordine per essere affrontati come fenomeno e ipotizzare realistici progetti di prevenzione.