Si vota oggi a Strasburgo la direttiva sul salario minimo, chiamata alla votazione finale al Parlamento Ue dopo il sì della Commissione. Non verrà stabilita una soglia minima europea comune ma le linee guida prevedono che i salari siano adeguati al potere d'acquisto di ciascun Paese membro, oltre che alle condizioni socio-economiche e ai i livelli di produttività nazionale.
Il Parlamento Ue è chiamato oggi a esprimersi sul tema del salario minimo, non tanto per imporlo ai Paesi membri quanto per garantire le condizioni più eque e sostenibili a favore dei lavoratori.
Per legge la forma alternativa al salario minimo, ossia la contrattazione collettiva, è valida se copre almeno l'80% dei lavoratori. Questa è la strada perseguita dall'Italia, uno dei sei Paesi che non ha in vigore un salario minimo insieme ad Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e Cipro. Nella direttiva è poi specificato che il salario minimo andrà ritoccato ogni due anni e con il coinvolgimento diretto delle parti sociali.
In Europa la percezione è di trovarsi di fronte a un cambiamento storico dal punto di vista sociale, anche in virtù della situazione geopolitica mondiale e di tutti i suoi effetti diretti. Recentemente la Germania ha alzato a 12 euro la tariffa del salario minimo a partire da luglio 2023.
Lo scenario italiano presenta due fronti contrastanti in materia: da un lato il fronte progressista, sostenuto dal Movimento 5 Stelle, che lo sostiene con vigore a partire da una base oraria di 9 euro:
Nel mezzo si colloca Confindustria, per bocca di Carlo Bonomi, secondo cui il salario minimo andrebbe scaglionato in quattro frazioni: reddito cittadinanza e contrasto alla povertà, trattamento economico minimo e trattamento economico complessivo. Contraria alla misura la maggioranza dei sindacati e il centrodestra: