Sei pezzi facili, Paolo Sorrentino presenta la serie di adattamenti televisivi da lui diretti delle opere teatrali di Mattia Torre.
Il prossimo impegno di Paolo Sorrentino non sarà un film. Dopo i trionfi della sua ultima opera per il grande schermo, È stata la mano di Dio, il regista partenopeo si cimenterà nell'adattamento televisivo delle opere teatrali del compianto Mattia Torre, sceneggiatore prematuramente scomparso nel 2019.
Da Migliore a Gola, passando per Perfetta, Qui e ora, 465 e In mezzo al mare: dal 19 novembre, e per cinque sabati consecutivi alle 22 su Rai 3, Rai Cultura propone Sei pezzi facili, rassegna in cui sei tra le opere teatrali più famose di Mattia Torre verranno trasposti per il piccolo schermo con la regia televisiva del Premio Oscar.
Il regista è intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del progetto e ha parlato del suo lavoro sulle opere di Torre, che Sorrentino ha paragonato a un mostro sacro come Eduardo De Filippo. Un contributo che, come spiegato dal regista, è stato molto limitato dal momento che testi e attori erano perfetti.
Tutti gli attori scelti da Mattia Torre per interpretare i suoi personaggi, sono tornati in scena per questo allestimento: Valerio Mastandrea in Migliore che apre la serie, Geppi Cucciari in Perfetta, Valerio Aprea e Paolo Calabresi in Qui e Ora, Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri in 456, e ancora Valerio Aprea in In mezzo al mare e Gola.
Quella di Mattia Torre è una storia che andrebbe raccontata ciclicamente per spiegare le ragioni di quella "crisi del cinema italiano" di cui tanto si parla da decenni. Torre era un talento straordinario, accompagnato da un'etica lavorativa e una volontà di mettersi costantemente alla prova e sperimentare come la nostra improvvisata industria culturale raramente ha messo in mostra. Nella sua purtroppo breve carriera, è stato commediografo, sceneggiatore, autore televisivo e, sebbene in rare apparizioni, anche attore. Eppure, per anni è stato ignorato da un sistema miope e gestito da incompetenti.
I primi cenni delle sue capacità emergono negli anni Novanta, quando è autore di lavori teatrali come L'ufficio, Io non c'entro, Tutto a posto e Piccole anime. Quest'ultimo, nel 1998, viene adattato per il cinema dal suo amico e collega di tutta la vita Giacomo Ciarrapico, mentre nel 2002 vede la luce Piovono mucche, realizzato con Luca Vendruscolo, anche lui presenza costante al suo fianco. Entrambi pregevoli e innovativi nel panorama asfittico del cinema italiano, vengono mal distribuiti nelle sale e pressoché ignorati da pubblico e critica.
Bisognerà aspettare il 2007 perché il mondo dell'audiovisivo italiano cominci a riconoscergli i giusti riconoscimenti, grazie all'avvento della serie Boris, opera iconoclasta che arriva come un meteorite irriverente a fare a pezzi le abitudini, i malcostumi, le piccole e grandi nefandezze del cinema e della televisione italiani. Un contesto che Torre conosceva fin troppo bene. Boris diventa un fenomeno ― con la quarta stagione arrivata proprio quest'anno su Disney+ ― mentre Torre prosegue la sua attività di autore tv – Parla con me con Serena Dandini e Dov'è Mario? con Corrado Guzzanti – fino a portare sul piccolo schermo la malattia che lo avrebbe ucciso, nella miniserie La linea verticale.
Mattia Torre muore il 19 luglio 2019 all'età di 47 anni. Riceverà il primo riconoscimento ufficiale del cinema italiano solo dopo la sua morte, con il David di Donatello per la Migliore Sceneggiatura Originale per Figli, film che avrebbe dovuto segnare il suo esordio alla regia.
Per approfondire temi e curiosità legate al cinema, l’appuntamento è con Buio in Sala, la domenica dalle 20 alle 22 su Radio Cusano Campus.